Le opere di Pirandello sono intramontabili e hanno ancora molto da dire al pubblico contemporaneo: ecco perché torna in scena uno dei drammi pirandelliani più struggenti di tutti, La vita che ti diedi, diretto da Stephane Braunshweig, che è uno dei principali registi della scena teatrale contemporanea, nonché direttore artistico dell’Odeon- Theatre de l’Europe di Parigi. Lo spettacolo debutterà in prima nazionale al Carignano di Torino martedì 9 aprile e rimarrà in programma fino al 28 aprile; altre date sono previste per Pesaro (dal 2 al 5 maggio) e per Bologna (dal 9 al 12 maggio). A interpretare i personaggi saranno Daria Deflorian, con cui il regista ha già lavorato in passato alla versione francese de I giganti (altro testo pirandelliano), Federica Fracassi, Cecilia Bertozzi, Fulvio Pepe, Enrica Origo, Caterina Tieghi e Fabrizio Costella.
Braunschweig ha raccontato: “è stato il direttore Filippo Fonsatti a propormi un progetto per il Teatro Stabile e io ho scelto un testo di Pirandello perché avevo già fatto Sei personaggi in cerca d’autore, I giganti della montagna, Vestire gli ignudi. Mi piace esplorare tutta l’opera di un autore e mi piace cimentarmi con un autore del paese che mi chiama, avrebbe avuto meno senso in Italia fare un Moliere”. I temi principali di La vita che ti diedi sono la maternità e il lutto e Pirandello la concepì per Eleonora Duse, ma l’attrice non interpretò mai il ruolo; l’opera venne invece rappresentata per la prima volta al Teatro Quirino di Roma il 12 ottobre 1923 da Alda Borelli. Il regista ha mostrato di apprezzare molto quest’opera di Pirandello e ne ha parlato in questi termini: “è un testo poco rappresenta, tra i più belli di Pirandello. È breve, tre atti. Come una favola. Per una madre è impossibile sopravvivere alla morte del figlio, è uno scandalo. La donna decide del tutto consapevolmente di continuare la sua vita come se il figlio non fosse morto. Anna Luna trasforma la sua casa in un teatro dove il protagonista è assente, ma fin troppo vivo. Nell’opera di Pirandello, la realtà della vita appare spesso come uno scandalo insuperabile, che il teatro o la follia hanno lo scopo di trasfigurare. Nel mondo immaginario del gioco teatrale o in quello parallelo della follia si può evadere, elevarsi, far vivere i morti e sfuggire alla logica paradossalmente mortifera della vita”