In Islanda si è svolto un esperimento durato per ben 4 anni.
La settimana lavorativa è di 4 giorni.
Il governo spinto dai bassi tassi di produttività ha deciso di cambiare strategia.
Ha ridotto le ore lavorative da 40 a 35/36 divise non in una settimana bensì in 4 giorni. Bisogna anche ricordare che l’Islanda è fra i paesi del Nord che registrava il più alto tasso di ore lavorative.
Lavorare 4 giorni a settimana al posto di 6/7, senza che lo stipendio venga modificato, migliora le prestazioni. Rende la vita più “leggera”. Possiamo in questo modo ritrovare un perfetto equilibrio fra vita lavorativa e vita privata.
Per l’esperimento sono stati coinvolti circa 2.500 lavoratori, i quali hanno dati feedback positivi in termini di: minore stress e più tempo libero.
Secondo un rapporto dell’Alda (European Association for sustainable democracy) grazie a questo esperimento si è registrato un incremento del tasso di produttività e aumento dell’efficienza, tutto questo grazie al minor stress che ricade sui lavoratori.
Dobbiamo riconoscere che questo è un esperimento fuori dal comune che va contro i tempi in cui viviamo, contro una vita che non si ferma mai, dove l’offline e online sono due confini difficili da delineare, contro una retorica della società capitalistica.
La settimana lavorativa di 4 ore è irraggiungibile per molti. Economia e società vanno di pari passo e questo esperimento ha colto nel segno il bisogno di milioni di lavoratori.
Lavoratori che si “accontentano” di un lavoro sottopagato o quasi gratis per “cercare di dare valore”, anche se poco, ad anni di studi e sacrifici.
Qualche mese fa anche la Spagna ha introdotto la settimana lavorativa composta da 4 giorni. Migliorare la qualità della vita e migliorare le prestazioni sono gli obiettivi da perseguire. Mettendo al primo posto la salute mentale del lavoratore cercando di riconoscere e trattare con più delicatezza “la sindrome da burn-out“.