La boxe, soprattutto negli anni 20′ e 30′, diventò metafora della battaglia contro la vita nella vita.
Il rapporto tra cinema e ring è stato collaudato negli anni, trovando dallo stessa “nobile arte” i suoi sfondi e soggetti.
L’annuncio su Instagram dell’attore premio oscar per Ray, Jamie Foxx di essere al lavoro per calarsi in guantoni e calzoncini di Iron Mike Tyson ha mandato in visibilio il pubblico del cinema e dello sport, facendo crescere l’attesa e la curiosità per Finding Mike.
Il biopic tratto dalla vita di Mike Tyson sta procedendo di pari passi al ritorno sul ring dello stesso ex leggendario e folle campione dei pesi massimi.
Tyson è in ordine di arrivo, l’ultimo nume e nome del ring a mettere nome alla già straordinaria epopea della boxe che la settima arte ha portato sullo schermo.
Indimenticabile è per gli amanti della “nobile arte” l’interpretazione di Will Smith in “Ali” del 2001, diretto da Michael Mann, nei panni di Muhammad Ali, considerato tra gli atleti più grandi di tutti i tempi, pronto ad affrontare con lo sport questioni legati ai diritti civili degli afroamericani.
Off-topic interessante è che lo stesso Jamie Foxx prese parte ad Ali nei panni di Drew “Bundini” Brown.
La tris Scorsese-De Niro-Pesci non mancò di prestare attenzione al mondo italo-americano e l’apporto tra mafia e boxe, con “Toro Scatenato” del 1980, ricreando la vicenda del pugile Jake LaMotta, conseguendo innumerevoli riconoscimenti tra gli Academy, Golden Gold e Nastro d’Argento.
Altro campione italiano immortalato dal cinema è stato Primo Carnera, mero mito per gli emigranti italo-americani degli anni 20′-30′. Intitolato “Carnera-The Walking Mountain”, scritto e diretto da Renzo Martinelli,uscì nel 2007, con l’attore Andrea Iaia nei panni del “gigante del quadrato”.
All’appello da menzionare rientra anche la traslazione cinematografica di Jim Braddock in “Cindarella Man-Una ragione per combattere”, pugile-everyman dell’americano che vive la grande depressione a seguito della caduta di Wall-Street del 1929.
Interpretato dalla coppia Russel Crowe e Reneé Zellweger e diretto da Ron Howard nel 2005, la critica ha avuto un apporto verso la pellicola contrastante su alcuni punti, in primis contestando l’epoca definita a metà tra il melodramma e la tragedia, contestando anche la ricreazione del soggetto del boxer Max Baer definita troppo malvagia.
Insieme a campioni del calcio come Batistuta, Maradona, Pelé e George Best, i nomi della boxe racchiudono la dialettica della vita come battaglia, portando in scena quella conflittualità con il mondo fenomenico fatta di relazioni sociali, economiche e spesso con la propria individualità.