Una vera e propria rivoluzione quella del jukebox, uno dei tanti simboli del classico “American way of life”, fatto tra le varie cose di spensieratezza giovanile e di musica nei bar. Il primo modello di jukebox viene messo in vendita dalla casa produttrice Ami il 22 giugno 1927, ben 96 anni fa e dà il via a quella che sarà una corsa per la produzione del modello migliore.
Il jukebox non ebbe impatto solo nell’ambito musicale, ma anche dal punto di vista sociale: si può scegliere il brano che si preferisce, ballando tutti insieme, tutto al costo di un nichelino! Si viene così a creare non solo un nuovo modo di fruizione musicale, ma anche una nuova modalità di socializzazione. Da non sottovalutare inoltre gli effetti sul mercato discografico: i singoli avevano ora un vero e proprio canale privilegiato tramite cui arrivare direttamente ai giovani e conquistarli tra luci e atmosfere festose.
È nel 1936 che le maggiori case produttrici come la Wurlitzer, la Seeburg, la Rock-Ola e la Ami immettono sul mercato americano ben 40 mila esemplari. Il jukebox diventa uno dei passatempi più in voga, così popolare che nell’America degli anni ‘50 e ’60, nessun bar o diner poteva farne a meno. La storia di quest’apprezzata scatola musicale affonda le sue radici già nell’800: il primo prototipo fu inventato da Louis Glass e William S.Arnold nel 1890 ed era un fonografo alimentato da monete che emetteva musica da alcuni tubi. Bisogna però aspettare il 1906 perché venga aggiunta la funzione di selezione musicale; infatti, in quell’anno la John Gabel Company presentò un giradischi a moneta, caricato a manovella, con cambiadischi automatico.
Nel 1920 ci si avvicinerà ancora di più al vero jukebox grazie all’arrivo dei dischi registrati e suonati elettricamente. Il primo esemplare effettivo è quello presentato nel 1927 dalla Ami che nonostante avesse anticipato le case produttrici rivali, fece fatica sempre a imporsi sul mercato quanto le altre compagnie.
Ognuna delle maggiori aziende sviluppò un suo particolare meccanismo: ad esempio la Wurlitzer fece del cambiadischi in mostra una sua caratteristica; inoltre si avvalse del sistema “Simplex” con cui veniva selezionato uno dei dischi sul ripiano e dopo averlo preso, il disco veniva portato fino al braccio della puntina dove veniva riprodotto. La Seeburg utilizzava invece il sistema “Freborg” grazie al quale i dischi scivolavano dal portadischi fino al piatto. La Ami infine, si avvalse di uno dei sistemi più efficaci che durò fino alla seconda metà degli anni ’50: i dischi, accatastati in una sorta di rastrelliera, venivano estratti da un braccio meccanico che li posizionava sul piatto. Così iniziò quella che fu una vera e propria corsa frenetica al modello più innovativo, dando altrettanto importanza alla cura dello stile e dei colori, per accrescerne sempre di più la personalità.