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Inps avvisa: possibile diminuzione delle pensioni

Era già accaduto nel 2014 a molti italiani di rischiare di ritrovarsi con un assegno più basso, infatti, il cosiddetto “coefficiente di rivalutazione negativo del sistema” rischia, anche ora, di costare caro ai titolari di pensione, che potrebbero trovarsi con un assegno più leggero del solito, così l’Inps avvisa.

La causa di tali assegni starebbe nei montanti contributivi negativi maturati con l’Inps negli ultimi cinque anni del PIL italiano. Ma attenzione, questo accadrebbe solo nel caso in cui il Governo non intervenisse, come già accaduto nel 2014.

In una nota l’Inps avvisa, infatti, che “il tasso medio annuo composto di variazione del prodotto interno lordo nominale, nei cinque anni precedenti il 2021, risulta pari a -0,000215 e, pertanto, il coefficiente di rivalutazione è pari a 0,999785. Si sottolinea che il coefficiente di rivalutazione risulta inferiore all’unità, a causa della dinamica negativa del PIL nominale nel periodo considerato”.

Una situazione analoga, come detto, si era verificata nel 2014. Questa aveva costretto il Governo ad intervenire con il decreto legge 65/2015.

Nel testo del decreto si diceva che, anche in presenza di tasso negativo, questo non poteva essere inferiore ad 1 venendo poi recuperato nelle successive rivalutazioni. Secondo l’art. 5 comma 1 del D, a quel punto, scatta la clausola di salvaguardia che fa salire il valore all’unità.

Il cosiddetto “coefficiente negativo”, il quale è responsabile di abbassare il valore netto delle pensioni può creare due ordini di problemi:

Il primo è legato alla prestazione finale che l’Inps riuscirà a garantire: al momento le proiezioni pensionistiche vedono un aumento del PIL annuo dell’1,5%, un valore molto lontano dai valori registrati negli ultimi anni e questo si ripercuoterebbe sugli importi delle pensioni.

L’altro grosso problema riguarda la sostenibilità del sistema, infatti, il metodo contributivo non dà alcuna garanzia su un equilibrio finanziario futuro.

Nel XX° rapporto annuale si nota un drastico crollo delle entrate contributive dell’Inps: dai 236 miliardi di euro per il 2019 ai circa 225 miliardi del 2020. Le prestazioni, al contrario, sono cresciute del 2,5% e questo, insieme all’effetto dell’inflazione, rischia di far saltare il sistema.