Nell’era del green, del No Waste, del green, delle politiche incentrate verso il rifiuto zero, parlare di incenerimento dei rifiuti rappresenta un grosso tabù.
Eppure per quanto la politica delle tre R (Ridurre, Riusare, Riciclare) stia dando i suoi frutti è utopistico immaginare un mondo a residuo zero.
Eh si, perché l’errore più comune è immaginare che l’incenerimento escluda le buone pratiche messe in atto sino ad oggi.
Bene, anzi benissimo, ridurre al massimo gli sprechi e differenziare i materiali un modo da avviarli al riciclaggio, ma esiste una porzione di rifiuti che inevitabilmente finirà nel “sacco nero”. E allora che fare?
L’avversione delle persone nei confronti degli inceneritori non aiuta ne l’ambiente ne le finanze pubbliche.
Infatti, ad oggi, l’assenza di impianti del nostro Paese si trasforma in un biglietto di sola andata per il nostro “indifferenziato” verso altri paesi, dove non solo gli impianti ci sono, ma vengono anche utilizzati come risorsa energetica. Ovviamente, questo servizio si paga a suon di euro a tonnellata.
E allora perché siamo così resti a costruire questi impianti nel nostro paese?
Tralasciando le motivazioni politiche, possiamo immaginare due scenari. Il primo è che temiamo ciò che non conosciamo, il secondo è rappresentato dalla paura che la cattiva gestione si tramuti in un danno per la nostra salute.
Impianti di Incenerimento: funzionamento e impatto ambientale
L’inceneritore è un impianto adibito allo smaltimento dei rifiuti che funziona tramite distruzione dei materiali inerti. Questi impianti devono rispondere a precise normative che definiscono il tipo di rifiuti che possono essere conferiti negli inceneritori. Ad esempio, è vietato incenerire materiali che durante la combustione possono sprigionare esalazioni o scorie particolarmente tossiche per la salute umana. Inoltre, i fumi derivanti dalla combustione devono essere adeguatamente monitorati e filtrati secondo quanto stabilito dalla normativa vigente in materia.
I Termovalorizzatori
Alla categoria degli inceneritori, ma con la possibilità di utilizzare l’energia prodotta appartengono i Termovalorizzatori.
Questi sono impianti dediti allo smaltimento dei soli rifiuti solidi che utilizza un processo di incenerimento simile all’inceneritore, ma a differenza di quest’ultimo trasforma in energia elettrica il calore prodotto dalla combustione. Semplificando, il vapore creato muove delle turbine che convertono queste masse di aria calda in energia. Una differenza tutt’altro che trascurabile, dunque, visto che l’impianto di termovalorizzazione contribuisce alla produzione di energia ‘pulita’ a partire dai rifiuti.
L’incenerimento dei rifiuti produce scorie solide pari circa al 10-12% in volume e 15-20% in peso dei rifiuti introdotti, e in più ceneri per il 5%. Gran parte della massa immessa nei forni viene infatti combusta ottenendo dei fumi che verranno opportunamente pretrattati prima di essere emessi dal camino.
Le ceneri volanti e le polveri intercettate dall’impianto di depurazione dei fumi sono rifiuti speciali altamente tossici (in quanto concentrano molti degli inquinanti più nocivi), che come tali sono soggetti alle apposite disposizioni di legge e sono poi conferiti in discariche speciali.
Le scorie pesanti, formate dal rifiuto incombusto – acciaio, alluminio, vetro e altri materiali ferrosi, inerti o altro – sono raccolte sotto le griglie di combustione e possono poi essere divise a seconda delle dimensioni e quindi riciclate se non troppo contaminate.
Perché nessuno li vuole?
Il timore maggiore per le popolazioni è che le infiltrazioni da parte della criminalità e non solo possano compromettere l’affidabilità dell’impianto in termini di emissioni e causare danni alla salute pubblica.
Tuttavia non è trasferendo il problema in altri paesi che esso sparisce, asi corre solo il rischio di incappare in emergenze di gestione non dissimili da quelle del passato o della Capitale negli ultimi anni.