In Mozambico la situazione diventa sempre più difficile. Il paese sta vivendo un momento terribile, a causa dei continui attacchi degli jihadisti legati allo Stato Islamico. Solo lo scorso novembre i media locali avevano parlato di 50 persone decapitate in uno stadio. Adesso l’appello viene da Save the Children, l’organizzazione internazionale che si occupa di bambini a rischio e del loro futuro. In particolare la situazione più pesante è nella provincia di Cabo Delgado, dove ogni giorno vengono decapitati bambini. La provincia deve affrontare anche le conseguenze del ciclone Kenneth del 2019 e le alluvioni dello scorso anno.
Mozambico: la testimonianza di Elsa
Tra gli sfollati c’è Elsa, una madre appena ventottenne, che ha parlato di suo figlio Filipe di appena 12 anni, decapitato dopo che avevano cercato di nascondersi. Elsa ha detto:“Quella notte il nostro villaggio è stato attaccato e le case sono state bruciate. Quando tutto è iniziato, ero a casa con i miei quattro figli. Abbiamo cercato di scappare nel bosco, ma hanno preso mio figlio maggiore e lo hanno decapitato. Non abbiamo potuto fare nulla perché avrebbero ucciso anche noi.”
Tantissimi gli sfollati e i morti
A causa del confilitto in Mozambico, sono circa 670 000 gli sfollati a Cabo Delgado, Nampula e Niassa. Dall’attentato avvenuto nel 2017 da parte dei jihadisti sono stati circa 2600 i morti. Il numero sembra però aumentare senza sosta, in particolar modo negli ultimi 12 mesi, a causa di una escalation degli attacchi ai villaggi e ai civili.
Mozambico, bambini guerrieri
Filippo Ungaro, portavoce di Save The Children Italia, conosce bene la situazione e spiega:“Sappiamo senz’altro che anche bambini e minori sono oggetti di violenza inaudita. Moltissimi vengono reclutati dalle milizie e se in qualche modo si rifiutano, o i loro genitori rifiutano, spesso i ribelli li uccidono. Molte testimonianze sono orribili, si tratta di violenze di ogni tipo di fronte alle quali i nostri stessi operatori che hanno raccolto le testimonianze piangono e fanno fatica ad accettare.”
La testimonianza di Amelia
Vedere morire i propri figli e i propri fratelli non è giusto. Molte persone soffrono di attacchi d’ansia, depressione e disturbo post-traumatico da stress. Un’altra testimonianza molto toccante è quella di Amelia, una madre ventinovenne. La donna ha cercato rifugio nella casa del fratello con i suoi figli. Il quarto di questi aveva soli 11 anni quando i ribelli lo hanno ucciso. La donna è traumatizzata e lamenta di non aver avuto la possibilità di salutare suo figlio.
Il bisogno di ottenere più aiuti
Gli aiuti non bastano mai. Ungaro sostiene al riguardo:“In questo momento stiamo rispondendo a questa specifica emergenza a Cabo Delgado e stiamo aiutando, dando generi di prima necessità. Stiamo fornendo anche progetti di educazione e di protezione dei bambini per gli sfollati interni, ma i bisogni sono enormi. La gente non ha cibo, letteralmente non mangia per giorni e giorni, non ha acqua pulita, non ha accesso a cure sanitarie. Anche in quella zona come in tutto il mondo c’è la diffusione della pandemia il cui tracciamento è sostanzialmente impossibile. E gli aiuti internazionali non riescono a fare fronte a tutto.”