Il piano di riparazione di Naomi Klein che sembra più urgente che mai.
La frase ” non possiamo ritornare alla normalità, perché la normalità era un problema’‘ è diventata quasi uno slogan e ci ha accompagnati più o meno in tutto il periodo clou dello scoppio della pandemia.
E adesso più che slogan, riecheggia come un monito. Per Naomi Klein la normalità non è altro che crisi permanente, dunque non c’è niente di più sbagliato che nutrire il desiderio di ritornare in una dimensione totalmente malata.
Dall’economia al rapporto con la natura, il coronavirus ha offerto una serie di occasioni per fermarci, una volta per tutte per comprendere, una lezione che purtroppo pare non esser stata ancora appresa.
Il virus ha certamente segnato una frattura, qualcosa è stato rotto irrimediabilmente: rapporti collettivi, natura, sistemi economici, e in ultimo non per importanza il modo in cui l’essere umano si approccia all’altro.
Ma se la frattura è stata così importante, dolorosa, l’altra faccia della medaglia è l’opportunità della crisi stessa. Che fa emergere un nuovo spirito, afferente al concetto di ” riparazione”.
Naomi Klein antepone la parola solidarietà all’empatia. E lo fa analizzando profondamente la spinta alla crescita perpetua di cui la nostra società è totalmente dipendente, un’accelerazione costante che non lascia spazio a degli stop che sarebbero invece salutari, piuttosto che proiettarsi continuamente nel turbinio del progresso a tutti i costi.
Costi altissimi se si riflette sul fatto che la società capitalista, ha reso gli individui alla stregua di isole impossibilitati, dal tran tran del business, a porsi domande che sarebbe bene farsi. Ciò comporta, seguendo le parole della Klein ”un incremento di sistemi razzisti e di sfruttamento, un modo di vivere che aumenta i rischi di questo stile di vita. La pandemia potrebbe permettere di immaginare un altro tipo di mondo, forse questa è la lezione fondamentale.”
Il piano di riparazione non potrà essere immediato, così come la soluzione è possibile che tarderà ad arrivare, stando ai danni che l’uomo stesso ha commesso nei confronti della società. E soprattutto perché nel sistema capitalistico moderno, si ha l’illusione che si possa ricominciare sempre da zero, sacrificando la vita a scopo di lucro. In ogni momento.
Ma perdendo quest’opportunità nel limitare la catastrofe non solo economica, ma del pianeta stesso, l’uomo avrà perso una missione cui è chiamato necessariamente a rispondere : riparare il mondo esterno e riparare infine se stesso.