Qual è il peso reale delle cose?
È una domanda che letta in velocità può far sorridere, rimandando al vecchio tranello scolastico : “pesa più un chilo di piume o un chilo di ferro?”
Tuttavia, la risposta non è per nulla banale.
Nell’era degli slogan ecologisti, dove tutto viene etichettato come eco-friendly , a basso impatto ambientale e così via, chiedersi quanto, le cose che acquistiamo e portiamo a casa, pesino in termini ambientali, è quanto mai necessario.
Bisogna entrare nell’ottica di guardare le cose non come prodotto finito, né tantomeno riferendoci solo alla parte finale del loro ciclo di vita, ovvero lo smaltimento, ma nell’insieme della loro vita, “dalla culla alla tomba”.
Eh si, perché se dal punto di vista biologico facciamo riferimento agli stadi della vita dalla nascita alla morte, dovremmo imparare a farlo anche per le cose inanimate e perché no con i nostri comportamenti.
È necessario guardare le cose da questa prospettiva, anche per evitare di cadere nel tranello pubblicitario/consumistico che ci da la sicurezza di aver fatto un gesto poco dannoso per l’ambiente.
Portando, come d’abitudine, la questione sul pratico, facciamo alcuni esempi.
Uno studio pubblicato su Nature Communications ha di recente mostrato come le carni provenienti da allevamenti biologici hanno sull’ambiente lo stesso impatto di quelli intensivi. La differenza quindi sta nella qualità delle carni e sulla qualità della vita dell’animale sino al momento della macellazione, ma il peso in termini ambientali è lo stesso.
Tra i tanti falsi miti in cui spesso ci si può imbattere c’è quello sul consumo della carta.
Il processo produttivo della carta ha senza dubbio il suo peso, soprattutto in termini idrici, ma non bisogna lasciarsi ingannare.
In primis bisogna tener presente che i processi produttivi della carta hanno fatto notevoli passi avanti sulla sostenibilità ambientale.
Oggi per produrre 1 tonnellata di carta si usano 24 metri cubi di acqua, quando nel 1970 ne occorrevano 100. Generalmente, invece, il 90% dell’acqua che si impiega nel processo produttivo è acqua di riciclo.
Nessuna deforestazione per l’approvvigionamento di cellulosa, si usa infatti per la maggior parte legno proveniente dallo sfoltimento degli alberi, pratica necessaria per la salute di parchi e foreste. In caso contrario si tratta di legno residuo di altri settori industriali, come ad esempio mobilifici e segherie.
Ultimo mito da sfatare è l’utilizzo del web per ridurre l’uso di carta, leggere per circa trenta minuti o comunque utilizzare un tablet o uno smartphone per lo stesso tempo produce il 20% di Co2 in più rispetto alla lettura di un quotidiano.
Se è vero quindi che ogni nostra azione lascia un impronta è necessario non farsi coinvolgere da mode o false notizia, ma andare dietro al vero aspetto delle cose.