Ci sono cantanti e artisti che inevitabilmente si legano a Napoli e ne divengono un simbolo, uno dei più grandi è stato proprio Pino Daniele, abile chitarrista e geniale cantautore. L’artista verrà celebrato in “Pino”, un documentario che racconterà proprio il suo rapporto con la città e con la sua musica, mostrando materiali inediti e privati del cantante, nato e cresciuto proprio nel centro storico della città. Il film sarà disponibile in sala dal 31 marzo al 2 aprile per Lucky Red e poi prossimamente sarà disponibile su Netflix. Il documentario esce nelle sale in occasione dei 10 anni dalla scomparsa di Pino Daniele e dei 70 anni dalla sua nascita. Il tutto è stato possibile grazie alla collaborazione con la Fondazione Pino Daniele Ets e con il figlio Alessandro.
Pino, il documentario
Dietro la macchina da presa troviamo il regista napoletano Francesco Lettieri mentre a raccontarci il legame tra Pino Daniele e Napoli sarà il giornalista e critico musicale Federico Vacalebre. Il documentario si pone l’obiettivo di indagare un Pino più intimo e inedito, grazie alle immagini dei concerti e delle sale d’incisione, agli inediti musicali e agli album di famiglia, nonché agli appunti tratti dal suo diario, mostrando infine anche i suoi strumenti musicali. Indagata è la stessa musica dell’artista e il suo connubio tra la tradizione napoletana e la musica black, con la sperimentazione di sonorità sempre più internazionali.
Le interviste
A intervenire con delle interviste senza video ma solo audio sono stati numerosi artisti che hanno collaborato con Pino Daniele come Rosario Fiorello, Jovanotti, Vasco Rossi, Fiorella Mannoia, Loredana Bertè ma anche James Senese, Rosario Jermano, Enzo Avitabile, Tullio De Piscopo e Tony Esposito. Ci sono inoltre le interviste ad amici e parenti, nonché a discografici che ci raccontano nel dettaglio la vita dell’artista. La scelta delle interviste solo in audio è stata un’idea del regista: “Mi sembra che, dal punto di vista narrativo, sia stata una vittoria, quelle parole sono diventate una sorta di voice over corale mantenendo come protagonista Pino, non gli intervistati, valorizzando i materiali di archivio che avevamo, visivamente molto più forti di qualcuno che parlava”.