La Medea di Euripide è una delle tragedie greche più importanti, da essa deriva il termine di complesso, o sindrome, di Medea.
Il mito di Medea
Medea, figlia della maga Circe, possiede grandi poteri magici. Innamorata perdutamente di Giasone, lo sostiene nella conquista del vello d’oro, arrivando ad eliminare il proprio fratello, per fare in modo che il padre, impegnato a recuperare le spoglie del figlio, non potesse fermare la fuga degli Argonauti e della stessa Medea che, successivamente, sposerà il suo amato.
Nonostante i tanti sacrifici, Giasone si rivela irriconoscente. Infatti, dopo qualche anno ripudia Medea, invaghendosi di una giovane donna e mostrandosi deciso a prenderla in moglie.
Medea, distrutta dal dolore, prepara una terribile vendetta; fingendo una tregua, presenta un abito nuziale per la nuova moglie di Giasone. Il vestito era intriso dei più potente dei veleni. La donna morirà subito dopo averlo indossato, tra grida e lamenti.
Ma a quel punto, l’ira di Medea è inarrestabile, vinta dal risentimento elimina i propri figli, in quanto prole di Giasone, baciandoli ripetutamente prima del terribile atto.
L’omicidio di un innocente è il fatto di più destabilizzante nella nostra società, in particolare, quando a commettere un crimine così grave è la madre.
Ed ecco che, subito dopo casi come questo, lo sguardo della comunità, confusa e spaesata, si sposta verso psicologi e psichiatri.
Il complesso di Medea in ambito clinico
La Sindrome di Medea è citata esclusivamente in relazione al fenomeno dell’uccisione dei figli.
Jacobs utilizza il mito come metefora, definendo “Complesso di Medea” il comportamento materno indirizzato alla distruzione del rapporto tra padre e figli dopo le separazioni conflittuali. In tal modo, l’uccisione diventa simbolica e ciò che si vuole realmente eliminare non è il figlio, ma il legame che intrattiene con il padre.
La manipolazione emotiva verso i figli durante una separazione caratterizzata da grande conflittualità tra gli ex coniugi, comincia quando questi coinvolgono i figli in una sorta di “gara di lealtà” chiedendo loro di prendere le parti di un genitore.
In soggetti tra i 9 e i 12 tale fenomeno è definito “allineamento del minore con un genitore. In questo fenomeno, i genitori si pongono come confidenti dei figli per spingerli ad una scelta innaturale, allo scopo di minare il rapporto con l’ex coniuge.
Statisticamente le madri tendono ad essere “genitori alienanti” più dei padri.
Un ruolo importante è svolto anche da coloro, che prendono le parti del genitore alienante.
L’esposizione continua ad abusi di questo tipo in età evolutiva, può generare la nascita di meccanismi di difesa della patologia borderline; come, ad esempio, l’onnipotenza, la svalutazione e la dissociazione o avere altre ripercussioni sui figli, come aggressività, egocentrismo, carattere manipolatorio, autolesionismo, falso sè, disturbi alimentari, depressione e scarso rendimento scolastico.
Le madri Medea vivono una gelosia patologica, un sentimento, che nel tempo tende ad intensificarsi.
Il fulcro di questo comportamento disfunzionale è il fantasma della perdita, che è presente in ogni persona e nel proprio vissuto della mancanza.