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Il cavallo di Carafa: l’arte e le leggende di Napoli

Il cavallo di Carafa, ovvero la testa di cavallo che oggi appartiene al Museo Archeologico Nazionale di Napoli, fu donata erroneamente dall’ultimo principe Carafa dopo averla etichettata come scultura classica del III secolo a.C.

Le origini della scultura della testa di cavallo sono state fino a pochi anni fa oggetto di molte leggende.

Tra queste figura la credenza secondo cui questi fosse parte di un monumento equestre posto nella piazza Sisto Riario Sforza, dove vi era l’entrata della basilica di Santa Stefanìa (demolita per far spazio all’attuale cattedrale). 

Secondo questa leggenda, che viene riportata anche ne “Leggende di Napoli” di Matilde Serao, il monumento fu eretto con riti magici da Mago Virgilio con lo scopo di guarire dalle malattie tutti i cavalli.

Verso il 1322, la scultura, ad esclusione della testa, venne poi fusa per poter realizzare le campane per il nuovo Duomo.

Secondo altre voci, la testa fu un dono di Nerone al popolo napoletano durante una delle sue visite a Napoli che fu in seguito dispersa e ritrovata tra il XIV e XV secolo durante uno scavo.

Un’altra leggenda ancora racconta che la statua fu voluta da re Corrado IV di Svevia dopo che nel 1253 prese la città, come simbolo dell’essere riuscito a “domare” la stessa.

Ma secondo studi recenti, la conferma della vera origini della scultura si trova nei documenti originali che provano i pagamenti fatti all’autore, in questo caso a Donatello.

Secondo questi studi, il monumento equestre sarebbe da attribuire all’operato di Donatello che non ultimò però la sua opera a favore del re Alfonso V d’Aragona, detto il Magnanimo.

Molto probabilmente, quest’ultimo commissionò la scultura per collocarla al centro del livello superiore dell’arco trionfale del Maschio Angioino.

Nel 1458 re Alfonso d’Aragona morì e il monumento rimase incompiuto e non potè essere mai completato anche a causa della morte dello stesso autore pochi anni più tardi.

La scultura equina fu dunque inviata a Napoli da Lorenzo de’ Medici nel 1471 che ne fece dono all’amico Diomede I Carafa.