Il 9 febbraio del 1881 moriva Fëdor Michajlovič Dostoevskij, considerato uno dei personaggi più influenti dei circoli letterari pietroburghesi, particolarmente stimato anche in Italia.
Alberto Moravia definì l’autore “Il più attuale romanziere dell’Ottocento, prima di tutto nei contenuti, che erano il frutto di esperienze personali allora, nella borghese e rispettabile società del cosiddetto secolo «stupido», del tutto eccezionali e oggi, invece, dopo due guerre mondiali e parecchie rivoluzioni, quasi normali”.
La sua visione del mondo si basava su un cristianesimo ortodosso che vede nella sofferenza un percorso che conduce alla purificazione spirituale e l’autoconoscenza.
Dostoevkij morì a soli sessant’anni e ancora oggi è considerato uno dei massimi esponenti della letteratura mondiale, celebre per i suoi romanzi, da “Delitto e castigo” a “I fratelli Karamazov”, da “I demoni” a “Il giocatore”, a “L’idiota” ed altri ancora.
È considerato, insieme a Tolstoj, uno dei più grandi romanzieri e pensatori russi, secondo di otto figli, nacque a Mosca nel 1821. L’autore è considerato uno scrittore morbosamente attratto dalla perversa voluttà contenuta nel suo tormento, fece del proprio dolore argomento di narrazione, raccontandola in modo diretto e coinvolgente.
La corazza della “crudeltà” cui fa riferimento la carriera letteraria di Dostoevkij è caratterizzata dalla costante ricerca della verità, espressa chiaramente. I critici letterari definiscono l’autore “un ingegno crudele”, perché solo una mente libera da ogni frivolo sentimentalismo può concepire ed attuare la figura del cosiddetto “sosia”, dotare la “povera gente” di una autocoscienza talmente tormentata, da andare oltre la semplice denuncia sociale.
Il 9 febbraio moriva uno dei massimi esponenti letterari di sempre
La lettura dei testi di Dostoesvkij, morto il 9 febbraio, significa lasciarsi andare ai turbamenti che possono sconvolgere l’anima, acquistando consapevolezza, in modo perfettamente cosciente, disintegrando quella indifferenza che spesso caratterizza la società.
Michàil Michàjlovič Bachtin a tal proposito scrisse che “Dostoevskij ci induce in un labirinto dal quale con affanno cerchiamo una via d’uscita, senza trovarla, per questo egli agisce con tanta forza sul lettore”.
Quello di Pietroburgo era un ambiente piuttosto chiuso, all’interno del quale, i giovani utopisti, com’erano definiti quanti si dedicavano alla costante ricerca della libertà, trovavano poco spazio. Proprio per questo motivo, Michail Petrasevskij, politico divulgatore delle idee liberali decise di riunire intorno a sé scrittori e anche studenti che condividessero le sue stesse idee. L’intellettuale diede vita ai celebri “venerdì” passati alla storia come momento di discussione anti-zarista, a favore di una repubblica federativa russa.
Dostoevskij, seppur non pienamente convinto dall’aspetto rivoluzionario del “movimento”, sposò la causa, si aprì a quegli incontri, unica occasione per incontrare altri intellettuali coi quali confrontarsi. Ben presto però, quell’idea, si concretizzò con la nascita di una stamperia clandestina, alla quale Dostoevskij non aderì. Ciò però non fu sufficiente, ed infatti l’autore fu condannato dalla Russia.
Nella notte tra il 22 e il 23 aprile 1849, la polizia russa fece irruzione nella casa di Petrasevskij arrestando più di venti partecipanti, fra cui Dostoevskij.
La condanna fu terribile: ognuno di quei giovani avrebbe pagato l’oltraggio allo zar con la morte.
All’arresto segue uno dei più grandi traumi della vita di Dostoevskij, uno “scherzo” (se così si può definire) di Nicola I: una finta condanna a morte. Dopo il processo, lo zar decise di sottoporre i condannati ad una durissima prova psicologica. I condannati vengono portati davanti al plotone d’esecuzione, il primo gruppo bendato. Nel secondo gruppo, a guardare e aspettare il proprio turno, c’era proprio Dostoevskij, ma non morirà nessuno. Un momento terribile, durante il quale improvvisamente entra un messaggero che rende nulla la pena di morte, commutata nell’esilio in Siberia.
Durante la permanenza in Siberia, grazie ad una buona condotta, l’autore riuscì ad ottenere uno sconto di pena, servendo nell’esercito come soldato semplice nel 7º battaglione siberiano. Da quella tremenda esperienza nacque uno dei lavori della letteratura contemporanea, tra i quali lo sconvolgente “Memorie dalla Casa dei Morti”.
In quel lungo periodo, furono di grande supporto morale i libri inviatigli clandestinamente dal fratello Michail, tra cui i romanzi di Dumas e la “Critica della ragion pura di Kant”. Congedato per problemi di salute, Dostoevskij, si trasferisci nei pressi di San Pietroburgo, dove muore nel 1881.