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Il 73% delle donne diventate madri rinunciano al lavoro

Oltre 37mila neo mamme, nel 2019, hanno presentato dimissioni volontarie dal lavoro, in quanto impossibilitate a conciliare il ruolo di madre con quello di donna in carriera.

Questo il dato annuale presentato dall’ ispettorato del lavoro riferito allo scorso anno. Sono dunque il 73% del totale le donne che diventate madri decidono spontaneamente di lasciare il lavoro. Molto più del doppio rispetto ai papà che ,nello stesso anno, hanno lasciato il lavoro. Sono stati 13.947 gli uomini che, dopo la sopraggiunta paternità hanno volontariamente lasciato il lavoro.

In totale sono stati  emessi 51.558 provvedimenti, stando ai dati del rapporto dell’ispettorato del lavoro, il 4% in più rispetto all’anno precedente.

Il dato sottolinea la difficoltà, ancora molto forte nel territorio italiano, di conciliare lavoro e famiglia. Questo, principalmente, a causa di servizi poco adeguati e in alcuni casi assenti per agevolare i genitori. Le scuole, spesso private, rappresentano un costo molto elevato per le famiglie che sono quindi costrette a scegliere di sacrificare la carriera di uno dei coniugi, nella maggior parte dei casi le donne, che nella sua posizione di neo mamme vivono già una condizione di fragilità .

Incide molto, anche la scarsa flessibilità degli orari di lavoro. Lo stesso studio dell’ Ispettorato del lavoro denuncia che solo il 21% delle richieste di part time o flessibilità lavorativa, presentate da lavoratori con figli piccoli, è stato accolto nello scorso anno.

Questi provvedimenti, validi per genitori con figli al di sotto dei tre anni è stato accolto in soli due casi su dieci. Sono state 2.085 le richieste inoltrate nel 2019, di cui solo 436 avrebbero trovato accoglimento.

Un dato che lascia trasparire, da parte dei datori di lavoro, ancora poca sensibilità nei confronti di chi decide di creare una famiglia.

La risposta al report dell’Ispettorato del lavoro è stata unanime da parte delle firme sindacali Cgil e Cisl, che hanno dichiarato essere inaccettabile un dato del genere nel 2020. I sindacati chiedono ora a gran voce che il governo tuteli il lavoro della donna e il suo desiderio di maternità, garantendo alle stesse forme di organizzazione del lavoro più flessibili.