Il 4 dicembre del 1997 si spense il “maestro degli italiani”, super seguito durante le puntate in cui spiegava come scrivere e leggere. Parliamo di Alberto Manzi, uomo di profondissima cultura, il cui eco ancora oggi risuona nella mente di chi lo ricorda; di quanti spiegano ai propri nipoti quel modo affabile, gentile e semplice attraverso il quale tutti potevano imparare.
Docente, pedagogista, scrittore, Manzi è ricordato come “il maestro” della celebre trasmissione televisiva Non è mai troppo tardi.
Il curriculum di Alberto Manzi, del quale oggi ricorre l’anniversario della morte, è molto ampio e ricco di esperienze formative. Insegnó inizialmente come docente all’interno di un carcere, dove ebbe modo di confrontarsi con una realtà difficile ma nel contempo acquisì nozioni di fondamentale importanza, soprattutto nell’ambito di quella ricerca filosofica e psicologica che non smise mai di portare avanti.
Grazie ai numerosi viaggi, sempre alla scoperta di realtà nuove e diverse, Manzi ebbe modo di sperimentare le differenze tra le classi sociali cosiddette alfabetizzate e quelle contadine che pur volendo imparare qualcosa non potevano. Società ancora arcaiche, soprattutto quelle dell’America Latina, dove l’intellettuale italiano si recó dopo una breve pausa dall’insegnamento. Situazioni complesse con cui approcciarsi e per le quali gli strumenti a disposizione erano veramente pochi.
“Non è mai troppo tardi” nasce nel quadro di un impegno all’epoca molto forte della televisione di Stato nell’ambito dell’alfabetizzazione delle classi popolari e più in generale della divulgazione culturale. La trasmissione, parte dei programmi di Telescuola, era costituita da corsi iniziati nel 1958 con il sostegno del ministero della Pubblica istruzione e con l’obiettivo di consentire ai ragazzi che risiedevano in zone dove non era arrivata l’istruzione post elementare di portare a compimento il ciclo dell’obbligo.
È in questo modo che Manzi diventa il “maestro degli italiani” e ancora oggi, nonostante siano trascorsi molti anni da quel 4 dicembre del 1997 viene ricordato con molto affetto.
Il “format”, se così si può chiamare è semplice: il programma andava in onda nel primo pomeriggio, il maestro aveva con sè un grosso blocco di carta montato su cavalletto sul quale scrive a carboncino lettere e parole facili, di uso comune, accompagnate da un simbolico disegno.
Una modalità didattica innovativa per l’epoca, sicuramente accattivante ed interessante al tempo stesso. Manzi improvvisava, non aveva un copione, particolarità chiarita sin dal provino, quando si rifiutò di seguire una scaletta prestabilita. Si stima che poco meno di un milione e mezzo di persone abbia conseguito la licenza elementare grazie a quelle lezioni a distanza; l’immensa classe di alunni era composta da persone adulte, con un grado di analfabetismo totale o molto grave. L’Italia di quel periodo era così. Tra distinzioni sociali enormi e voglia di fare, in una continua evoluzione.
Secondo le stime della Rai, solo durante il primo anno di trasmissione, ben 35 mila italiani, su 57 mila partecipanti, presero la licenza elementare. Il maestro, stimato e seguito da tutti, diede il suo contributo in tv fino al ’68.
Il 4 dicembre del 1997 Manzi si spense nella Maremma grossetana, di cui era stato sindaco fino a qualche mese fa, quando la malattia l’aveva costretto a dare le dimissioni.
Un uomo che qualcuno ha definito controverso, forse per il carattere forte e per quella continua è onnipresente voglia di ricerca, ma al quale l’Italia deve gran parte dell’alfabetizzazione dei propri abitanti.
Imparare attraverso la tv, a distanza, fu possibile grazie ad Alberto Manzi le cui puntate del programma sono ancora visibili e riproposte da Rai cultura.
Un tuffo nel passato per i tanti nostalgici ma anche per un ripasso delle basi della grammatica e della sintassi italiana, che non fa mai male!