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I misteri di Napoli antica: la tragica storia di Maria d’Avalos

La storia di Maria D’Avalos, nobildonna del Regno di Napoli, è rimasta impressa nella memoria della città per secoli. La donna, nobile del tardo Rinascimento, nel maggio del 1586 fu data in sposa a Carlo Gesualdo, principe di Venosa e suo consanguineo.

La vita della bella Maria d’Avalos è costellata di tragedie. Prima del matrimonio col principe Carlo – non di certo per amore, ma di convenienza – era stata vedova per ben due volte ed aveva già con sé due figli nati dalle precedenti unioni. La donna non aveva alcuna intenzione di risposarsi ma, per questioni economiche, decise di contrarre matrimonio col principe, un uomo di certo singolare.

Carlo Gesualdo – cugino di Maria e più giovane di quattro anni – era un compositore e musicista, innamorato ed ossessionato dal suo lavoro a corte. Conosciuto per le sue memorabili composizioni, nel privato, però, Carlo era un uomo diverso. In apparenza raffinato, nell’intimità della sua relazione con Maria d’Avalos, il principe era un uomo aggressivo e poco incline ai sentimentalismi.

Il principe non dava molte attenzioni alla moglie e, nei suoi confronti, era un uomo prepotente e smodato. Dopo i primi anni di relativa tranquillità coniugale, Carlo diventò violento. Insultava e picchiava sua moglie, che ormai vedeva il suo matrimonio come un’angusta gabbia dorata. Maria diede a Carlo anche un erede, il suo terzo figlio Emanuele.

Ferita dalla relazione turbolenta col marito, Maria s’innamorò perdutamente del duca d’Andria e conte di Ruvo, Fabrizio Carafa sin dal loro primo incontro. La loro storia è ben presto diventata una conosciuta leggenda, passata di bocca in bocca nel corso dei secoli.

Si racconta che i due si siano innamorati perdutamente fin dal primo sguardo e che, poi, abbiano intrattenuto un rapporto furtivo ma pieno di passione per lungo tempo. La voce del rapporto tra i due, però, cominciò a circolare a corte diffusa da un pretendente deluso della bella ed affascinante Maria, uno degli zii di Carlo.

I due amanti, ormai consapevoli di essere stati scoperti, decisero però di restare comunque uniti e di affrontare le conseguenze dell’adulterio nel caso in cui il principe avesse voluto vendicarsi.

La vendetta arrivò presto: il principe Carlo finse di allontanarsi da casa per andare a caccia per poi scoprire i due amanti in piena notte. Secondo alcune testimonianze, la cui attendibilità non è certa, non uccise i due personalmente ma chiese ai suoi sicari di occuparsi della moglie e del suo amante mentre lui aspettava nella stanza accanto. I corpi dei due, sempre secondo la versione più diffusa della storia, furono esposti al pubblico ludibrio, mostrando a tutti le terribili ferite inferte all’addome della moglie infedele.

Dopo il delitto, il principe fuggì alla volta di Gesualdo, scampando ogni conseguenza per ordine del viceré che riconobbe alla base dell’assassinio una giusta causa.

Ancora oggi c’è chi sostiene che le grida di dolore di quella notte possano essere sentite a piazza San Domenico. Ad alimentare la leggenda del fantasma di Maria, ancora tormentato da quanto accaduto, fu il crollo dell’ala del palazzo nella quale si trovava la sua camera da letto. Secondo la leggenda, il crollo sarebbe stato causato proprio da un fantasma di sembianze femminili che ancora vaga per le stanze alla ricerca del suo amante.

Anna Borriello
Anna Borriello
Scrivo per confrontarmi col mondo senza ipocrisie e per riflettere sul rapporto irriducibile che ci lega ad esso.