Guselkumab giunge in Italia. Si tratta del primo farmaco biologico per il trattamento della psoriasi, inibitore dell’Interleuchina 23, che ha mostrato un miglioramento in oltre il 40% dei casi.
La psoriasi è un disturbo causa di infiammazioni della pelle croniche, non contagioso, caratterizzato da un decorso ciclico con fasi durante le quali i sintomi sono più acuti, alternate a fasi remissive.
Generalmente il disturbo si manifesta tramite desquamazione della pelle, i suoi sintomi possono manifestarsi a qualsiasi età, ma generalmente si espletano all’inizio dell’età adulta oppure intorno i 50-60 anni.
La patologia è una delle più diffuse, con una stima di oltre due milioni gli italiani affetti.
Il trattamento biologico diminuisce l’infiammazione apportando miglioramenti fino al 90%.
L’Interleuchina 23 (IL-23) è una proteina del sistema immunitario, il grado di stimolare la produzione di altre interleuchine, ad esempio la IL-17, responsabili delle placche della psoriasi. Il Guselkumab inibisce proprio l’attività di suddette proteine.
Il medicinale viene somministrato grazie ad un processo di iniezione sottocutanea, mostrando risultati immediati dopo soli due mesi di trattamenti.
Si è potuto notare che, analizzando un campione di pazienti i quali hanno deciso di sottoporsi alla profilassi, seppur interrompendo la terapia i suoi effetti si perdurano nel tempo, i sintomi della psoriasi tornano ad espletarsi, ma in maniera molto più lenta.
La prescrizione del farmaco può avvenire solo a chi ne soffre gravemente, dato che nel mondo sono circa 125 milioni i pazienti affetti.
“L’IL-23 è una proteina del sistema immunitario, stimolatrice della produzione di altre interleukine, come la IL-17, responsabile più diretta delle placche psorisiache. Guselkumab quindi, inibendo IL-23, inibisce a cascata altri regolatori dell’infiammazione”, spiega Antonio Costanzo, responsabile della Dermatologia presso l’Istituto Humanitas di Milano.
“Per questo si pensa che in alcune persone il farmaco possa riuscire a modificare la malattia e si possa sperare un domani di parlare di guarigione”, conclude l’esperto.