Giovanni Pascoli è stato un poeta, accademico e critico letterario italiano. Nato il 31 dicembre 1855 a San Mauro di Romagna e morto a Bologna nel 1912, è considerato uno dei letterati italiani più influenti di fine Ottocento.
Insieme a Gabriele d’Annunzio è considerato uno dei maggiori poeti decadenti italiani nonostante la formazione positivista. Infatti, mai si definirà un poeta decadente. Non parteciperà attivamente ad alcun movimento poetico dell’epoca ma esprimerà, nelle sue composizioni, tendenze idealistiche e spiritualistiche tipiche di fine secolo.
In un articolo del 1897, intitolato Il fanciullino, Pascoli descrive il sentimento poetico come espressione della propria intimità. La poesia è recupero del proprio fanciullo interiore, di una dimensione infantile e primitiva. È parlando a nome del fanciullo interiore di ognuno di noi che la poesia assume un ruolo morale e civile.
Giovanni Pascoli: un’infanzia segnata dall’assassinio del padre
Quarto di dieci figli – due dei quali morti molto piccoli – nati da Ruggero Pascoli e Caterina Vincenzi Allocatelli, Giovanni Pascoli nacque in una famiglia benestante. Il padre, Ruggero Pascoli, che amministrava per lavoro la tenuta dei principi di Torlonia, fu assassinato da una fucilata mentre tornava da Cesena a bordo di un calesse. Il delitto resterà per sempre irrisolto: i responsabili non pagheranno mai per l’omicidio nonostante i forti sospetti della famiglia nei confronti del delinquente Pietro Cacciaguerra. Ciò traspare con molta evidenza dalla poesia La Cavalla Storna. Anche il celebre componimento X Agosto, malinconico e struggente, ricorda il tragico giorno dell’assassinio di Ruggero Pascoli.
Questo doloroso evento familiare segnerà profondamente la storia e la poetica del letterato italiano. La famiglia, dopo la morte del padre, perderà il suo status economico e subirà ulteriori lutti e disgregazioni. L’anno dopo la morte di Ruggero Pascoli perderanno la vita, infatti, la sorella di Pascoli, Margherita, sua madre, morta d’infarto, e i suoi fratelli Luigi, per la meningite, e Giacomo, forse avvelenato perché troppo vicino alla verità sulla morte del padre.
Ancora una speranza: il nido familiare e il lavoro di insegnante
Le due sorelle che, dopo gli studi universitari, condivisero la casa con il poeta, Ida e Maria, raccontano in una biografia che lui non si abbandonò mai alla sete di vendetta. Solido e vivace, Giovanni Pascoli continuerà gli studi con fermezza e sarà, per tutta la sua vita, contrario ad ergastolo e pena di morte per motivi umanitari.
A ridargli speranza nel futuro fu il suo lavoro di insegnante. Dopo la laurea, infatti, Pascoli si dedicò con passione all’insegnamento di latino e greco. Si occupò con amore delle sorelle Ida e Maria per dieci anni, dopo averle abbandonate per un certo tempo a causa dei suoi studi. Rinuncerà all’amore e al desiderio di crearsi una famiglia propria per occuparsi di loro al meglio. Soffrirà, infine, moltissimo per l’indifferenza della sorella Ida che contrarrà matrimonio con Salvatore Berti e lascerà la casa a Castelvecchio.
Gli ultimi anni: depressione ed alcolismo
Dopo il giovanile entusiasmo per il movimento anarco-socialista, gli eventi politici di fine secolo fecero sprofondare Pascoli nella depressione e nell’alcolismo. L’ultima evoluzione delle sue utopie socialiste è una vera e propria difesa delle mire imperialistiche italiane in Libia. Deluso anche dal tentativo fallito di ricostruire il nucleo familiare, passerà i suoi ultimi anni abusando di vino e cognac.
Dopo aver compiuto 56 anni le sue condizioni di salute peggioreranno. Morirà un anno dopo la diagnosi di cirrosi epatica, nel 1912. Il certificato di morte riporta, come causa del decesso, un tumore allo stomaco. Tuttavia, ad oggi, si ipotizza che la sorella Maria abbia potuto manometterlo per timore del giudizio dell’opinione pubblica.