Filippo Giordano Bruno, nato a Nola nel 1548 e morto a Roma il 17 febbraio 1600, è stato filosofo, scrittore e frate domenicano italiano. Il suo pensiero è inquadrabile nell’ambito del naturalismo rinascimentale, ma fondeva in sé le diverse tradizioni filosofiche. Sostenitore di un’unica idea: L’infinito, inteso come universo infinito, effetto di un Dio infinito fatto d’infiniti mondi da amare. Condannato al rogo dal Tribunale dell’Inquisizione per eresia.
Tra i punti chiave della sua concezione filosofica, che fondeva neoplatonismo e arti mnemoniche con influssi ebraici e cabalistici vi è la pluralità dei mondi, l’infinità dell’universo ed il rifiuto della transustanziazione. Giordano Bruno elabora una nuova teologia, dove Dio è intelletto, creatore e ordinatore di tutto ciò che è in natura, ma è, nello stesso tempo, Natura in un’inscindibile unità panteistica di pensiero e materia. Si difende dalle accuse dell’Inquisizione veneziana, negando quando può e confidando agli inquisitori che un filosofo può giungere a conclusioni discordanti in materia di fede, senza dover per questo essere considerato un eretico. Dopo aver chiesto perdono per gli “errori” commessi, si dichiara disposto a ritrattare quanto si trovi in contrasto con la dottrina della Chiesa.
L’Inquisizione romana chiede però la sua estradizione, che viene concessa dal Senato veneziano. Il 27 febbraio 1593, Bruno è rinchiuso nelle carceri romane del Palazzo del Sant’Uffizio.
Interrogato anche sotto tortura, non rinnegò mai i fondamenti della sua filosofia, ma ribadì l’infinità dell’universo, la molteplicità dei mondi, la non generazione delle sostanze e il moto della Terra. All’obiezione dell’inquisitore, che gli contesta che nella Bibbia è scritto che la Terra autem in Aeternum stat e il sole nasce e tramonta, risponde che vediamo il sole nascere e tramontare perché la terra si gira e cerca il proprio centro.
Sostiene che la terra è dotata di un’anima, che le stelle hanno natura angelica, che l’anima non è forma del corpo e come unica concessione è disposto ad ammettere l’immortalità dell’anima umana. Il 12 gennaio 1599 è invitato ad abiurare otto proposizioni eretiche, nelle quali si comprende la sua negazione della creazione divina, dell’immortalità dell’anima, la sua concezione dell’infinità dell’universo e del movimento della Terra, dotata anche di anima e di concepire gli astri come angeli. Si rende disponibile ad abiurare a condizione che le proposizioni siano riconosciute eretiche non da sempre, ma solo ex nunc, ma la sua richiesta è respinta dalla Congregazione dei cardinali inquisitori. Il 10 settembre si mostra ancora favorevole all’abiura, ma il 16 cambia idea e infine, dopo che il Tribunale ha ricevuto una denuncia anonima che accusa Giordano Bruno di aver avuto fama di ateo in Inghilterra, il 21 dicembre rifiuta recisamente ogni abiura, non avendo, dichiara, nulla di cui doversi pentire.
L’8 febbraio 1600 è costretto ad ascoltare, inginocchiato, la sentenza di condanna a morte per rogo e alzandosi indirizza ai giudici la storica frase: «Maiori forsan cum timore sententiam in me fertis quam ego accipiam» (Forse tremate più voi nel pronunciare questa sentenza che io nell’ascoltarla).
Il 17 febbraio, con la lingua serrata per impedirgli di pronunciare parola, muore bruciato in Campo de’ Fiori, dove dal 9 giugno 1889 s’innalza il monumento a lui dedicato.
La sua filosofia è sopravvissuta e ha portato all’abbattimento delle barriere tolemaiche, rivelando un universo molteplice, non centralizzato e aprendo la strada alla Rivoluzione scientifica. Per il suo pensiero, Bruno è quindi ritenuto uno dei precursori della cosmologia moderna.