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Messi, l’erede.

Nel mezzo di una domenica tranquilla, l’autentico impenitente appassionato di calcio che passa il suo tempo migliore a guardare partite non si lascia scappare l’occasione di godersi  il Barcellona, la squadra che più di ogni altra, nell’ultimo decennio ha coniugato vittorie e bel gioco. Ebbene dopo appena 32 minuti dal fischio d’inizio, la folgorazione è arrivata improvvisa e chiarissima. I “blaugrana”, freschi campioni di Spagna, giocano l’ultima di campionato sul campo dell’Eibar, squadra di una tranquilla e ridente città basca che già da alcune giornate si è tirata fuori dalle impantanate acque della zona retrocessione. Come facilmente prevedibile ne viene fuori una partita piacevole, nella quale i padroni di casa passano inaspettatamente in vantaggio con una mezza papera del portiere catalano e i neo-campioni sono costretti a rincorrere. Ma proprio come per rendere straordinario l’ordinario serve la magia, ecco che sale in cattedra l’erede, il Messi(a) che in un minuto prende la partita e la gira, la volta  come un calzino e la rende preziosa come un diamante rifinito e perfetto. Come? A modo suo, con due gol di ineffabile bellezza che racchiudono l’essenza del gesto che altri possono solo disegnare sulla carta; gesti di velluto, semplici, accompagnati da movimenti che non si possono insegnare, perchè la semplicità applicata all’incanto è l’essenza stessa della bellezza e non si impara. Ed allora ho capito, eccola la folgorazione e non a caso ho usato la parolina “erede”. Lionel Messi è l’unico giocatore che può entrare nella stratosfera del mondo del pallone e abitare sullo stesso pianeta di Diego Armando Maradona fino ad ora in beata solitudine. Non ce ne vogliano i tantissimi fuoriclasse che negli anni hanno reso questo sport il più bello in assoluto; menzionarne 10 o 20 si rischierebbe di fare torto a tantissimi altri che per motivi di spazio non possiamo citare tutti. Se invece, tutti indiscriminatamente, li poniamo dietro i due alieni argentini nessuno di loro ce ne potrà volere. In un mondo nel quale la perfezione non esiste, solo l’eccezione dei gesti atletici di Diego e Leo ce l’hanno ispirata e non eccezionalmente ma regolarmente. Lo hanno fatto prendendo i secondi e dividendoli per due, per quattro e piegandoli ai propri comodi, ai propri piedi, ad ulteriore dimostrazione che la magia esiste ed esisterà sempre fino a quando nasceranno i geni, fino a quando nasceranno i Messi e i Maradona.