Giambattista Basile è entrato nel panorama della letteratura italiana di una fase spesso oggetto di discriminazione critica da parte del mondo accademico e critico italiano.
Il nome di Basile si allega certamente allo straordinario ritratto definibile realismo magico o iperrealistico onirico de “Lo cunto de li cunti, ovvero l’intrattenimiento de li peccerilli”, edito per la prima volta nel 1634.
In 50 episodi narrativi, Basile, avvalendosi di un linguaggio dialettale capace di gareggiare col fiorentino parlato e che non detenga quel carattere basso corporeo del mondo teatrale della commedia dell’arte e delle villanelle né tanto meno delle fabule atellane.
Ma definire cos’è il cunto è l’obiettivo che ancora va ad interessare chi si approccia ad un testo reso celeberrimo su piano nazionale dalla traduzione di Benedetto Croce del 1924 e dal rimaneggiamento di alcune sue narrazioni da parte di altri esponenti della world literature, a partire dalla riscoperta 800esca romantica nel mondo francese e tedesco da parte di Charles Perrault e dei fratelli Grimm de “La gatta Cenerentola”, passando per la rivisitazione di Roberto de Simone, fino all’ adattamento cinematografico di Francesco Rosi nel 1967 e in anni coevi di Matteo Garrone.
Per comprendere la costituzione del cunto bisogna entrare nella scia delle problematiche narratologiche e critiche esposte dall’ edizione critica di Michele Rak del testo di Basile per Garzanti del 1986, innestate su punti chiave come aspetto performativo e testo, rapporto tra testo e autore.
Il ruolo del Basile nel micro cosmo del sistema delle corti notabili del mezzogiorno del vicereame spagnolo aiuta infatti alla definizione strutturale del “cunto”.
Basile ricoprì la carica di segretario presso il mondo notabile e intellettuale barocco partenopeo in tout court; l’incarico di segretario oltre alle mansioni diplomatiche e cancelleresche, prevedeva inoltre, l’interessamento verso le attività ludiche, previste soprattutto durante eventi particolari e nella consumazione dei pasti domenicali.
L’accezione cunto va a definire una narrazione verbale che prevede elementi interni quali l’accompagnamento musicale, l’aspetto mimico nell’ esecuzione orale, quindi correlata ad un dialetto che abbia carica e possibilità d’esecuzione standardizzata parimenti al volgare d’epoca.
Proprio Basile infatti, rientra tra coloro che ha dotato la lingua napoletana di un formulario sintattico-grammaticale, divenendone un illustre applicatore attraverso una prosa “aperta”.