Dov’è finita l’etica? O meglio, dov’è l’intellettualismo etico? Affascinante la figura di Socrate, uno dei cardini della filosofia, uno dei promotori dai quale discende l’intera storia filosofica. Cosa tratta questo intellettualismo etico? L’individuo tenta di compiere ciò che crede sia bene, mentre, al contrario, il male è scaturito dall’ignoranza. Allora, se l’azione proviene dalle premesse, è necessario compiere un esame di sè medesimo. Egli è conscio della propria ignoranza, un’ignoranza che è intesa come una forma di sapienza, di conoscenza di sè. È tutto così conforme, pare esistere un connubio il quale lega la figura di Socrate a quella di Rino Gattuso, allenatore del Napoli.
In quante occasioni il tecnico calabrese si è addossato tutte le colpe della compagine azzurra? In quante occasioni le responsabilità non condotte a termine sono ricadute sulla sua persona? In quante occasioni egli si è dimostrato veramente uomo? Innumerevoli, forse infinite. Attraverso la sua capacità di riconoscere i propri sbagli e le proprie mancanze, è sorta poi la sua nozione calcistica, perché attraverso questa sorta di “ignoranza” è venuta alla luce la sua vera sapienza.
È giunto il momento, però, di recuperare questo intellettualismo etico, caro Gattuso, è giunto il momento di rinascere dalle proprie ceneri. Le ceneri di vampate di calore, originate da cocenti lingue di fuoco, provenienti dall’azione distruttiva del medesimo Napoli. È un lasso temporale turbolento, animato dalla stessa inquietudine che scuoteva gli animi degli intellettuali durante il 1800, sotto la forte spinta del Romanticismo. La prudenza non è mai smisurata, l’allenatore dei partenopei è a conoscenza di ciò; sulle sue spalle aleggia l’ombra minacciosa di un possibile sostituto, la decisione di De Laurentiis di allontanare Rino dall’ombra del Vesuvio non è stata ancora accantonata.
Il successo contro lo Spezia in Coppa Italia non ha minimamente eclissato le lampanti problematiche di Gattuso e dei suoi ragazzi. Anzi, nell’ultima uscita di Serie A, l’Hellas Verona di mister Juric ha impartito una dura lezione agli azzurri, punendoli in differenti occasioni. Manca la cattiveria atta a garantire l’indole aggressiva delle grandi squadre, pare essere assente l’audacia dei grandi guerrieri spartani, c’è carenza di personalità, indispensabile per trionfare.
Chissà se proprio nella giornata odierna, il Napoli troverà la porta con l’incisione “EXIT“: e già… sarebbe l’ideale “exitare” da questa sgradevole situazione. Per Gattuso sarà necessario trovare ed utilizzare questa porta, la panchina comincia a traballare, sedersi ancora sarà arduo, il calore è rovente. È evidente la rottura tra il tecnico calabrese e il patron del Napoli; un eventuale successo con il Parma potrebbe garantire una quiete, almeno all’apparenza. Rino è sotto la grossa lente d’ingrandimento da un lungo lasso temporale, il match con i crociati, dunque, sarà determinante per il futuro della compagine. Intanto, Lorenzo Insigne, capitano dei partenopei, tenta di trovare il centesimo gol in azzurro, proprio contro la squadra alla quale ha messo a segno il primo.
Gattuso contro D’Aversa dovrebbe optare sempre per 4-3-3, almeno di partenza, considerando il possibile cambio a partita in corsa al 4-2-3-1. A difendere i pali, toccherà a David Ospina, piuttosto che Meret, l’esperienza preferita alla giovinezza. La retroguardia sarà costituita dal tantem difensivo Koulibaly-Manolas, sulle corsie il lavoro sporco sarà affidato a Di Lorenzo e Mario Rui. A centrocampo ci saranno Zielinski, Demme e uno tra Elmas e Bakayoko, il ballottaggio resterà vivo sino al fischio dell’arbitro. Per quanto concerne il reparto offensivo, il recupero di Petagna giova alle scelte di Gattuso, forse anche forzate dopo l’ennesimo infortunio di Mertens: Osimhen potrebbe poi subentrare a gara in corso per sostituire il Bulldozer. Riuscirà il Napoli a superare lo scoglio Parma? Riuscirà mister Gattuso a conservare la panchina?