Nelle prime ore dell’alba, gli uomini delle Fiamme Gialle del Comando provinciale della Gfd di Napoli hanno finalizzato due ordinanze di custodia cautelare in carcere tra le province campane di Pompei e Castellammare di Stabia ai danni di tre soggetti.
Il terzo al momento risulta ancora irreperibile nella zona di Castellammare-Pompei.
La richiesta è stata avanzata dal Gip del Tribunale di Napoli dietro ordine e coordinamento con la Direzione Distrettuale Antimafia della città di Napoli.
I tre, due uomini e una donna, sono imputati di usura, estorsione e lesioni aggravate con “metodo mafioso” e finalizzato ad associazione a delinquere di stampo camorristico.
L’esito del provvedimento d’arresto è l’epilogo dell’inchiesta svolta dalle forze dell’ordine della Guardia di Finanza del Gruppo di Torre Annunziata e dalla Compagnia di Castellammare di Stabia a seguito di denunce e indagini su operazioni e risvolti finanziari-imprenditoriali locali.
La morsa della mala locale ha iniziato a stringere i settori del turismo e della ristorazione attraverso prestiti ingenti, su cui gravavano ulteriori tassi d’interessi mensili pari al 10% della somma totale.
Attraverso il ricorso ad intercettazioni e alla videosorveglianza le Fiamme Gialle hanno ricostruito il modus operandi e la rete delle attività illecite che dal 2011, dietro spinta della reggente del clan Cesarano, Annunziata Cafiero.
La Cafiero, moglie del boss condannato al 41 bis Nicola Esposito detto “ò mostr”, insieme ad un familiare e ad un fidatissimo avrebbe allestito una linea del terrore di usura e racket su imprenditori e commercianti dell’area locale.
Le vittime erano costrette a versare oltre 5000 euro mensili finché non riuscivano a versare l’intero importo in una sola rata.
Proprio l’esasperazione cresciuta in un periodo di crisi post emergenza covid aveva sia acuito la rete d’usura, quanto l’esasperazione di commercianti e imprenditori, vessati e minacciati.
Spesso le vittime erano costrette alla cessione diretta delle proprie attività dietro la violenza punitiva emessa dalla reggente del clan verso beni e persone, la quale ha fatto crescere le denunce da parte delle vittime.