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Falanghina beneventana, un’eccellenza che viene dal passato

Sin dai tempi più antichi la Falanghina si è guadagnata un posto privilegiato nella storia dei vini bianchi. Le origini di questa bevanda si dividono tra greci e romani e sono state osannate da autori del calibro di Plinio il vecchio. Pare anche che la Falanghina fosse presente durante le feste alla corte reale di Napoli, per allietare le ore dei nobili giunti nella città partenopea.

Molto probabilmente il vitigno è giunto in Campania grazie a un gruppo di coloni greci, nel corso de tempo è diventato tipico della regione ed oggi è considerato una vera e propria eccellenza.

Le uve Falanghina hanno peculiarità di resistere ad alcune malattie che colpiscono le viti, in particolare alla fine dell’Ottocento si dimostrarono resistenti all’ epidemia di fillossera, che distrusse svariati raccolti. Da quel momento in avanti il prestigio del vitigno è cresciuto fino a diventare una delle produzioni più importanti in Campania.

L’ etimologia del nome sembrerebbe derivare dal termine “falanga”, che indica il palo di legno sul quale vengono fatte sorreggere le viti.

Falanghina beneventana, una storia antica

Questo patrimonio campano viene coltivato in diversi territori della regione, tra i quali annoveriamo il Sannio beneventano, la zona dei campi Flegrei e il casertano.

Inoltre, pare che i diversi territori abbiano un impatto notevole sulle uve Falanghina. Da uno studio del 2005 sul DNA è emerso che ci sono delle differenze genetiche tra il vitigno di Falanghina coltivato nella zona di Napoli e quello coltivato nel beneventano.

Un vino famoso in Italia e nel mondo, un’ eredità che viene dal passato e che, ogni giorno, col suo sapore inebriante, regala emozioni.