Una barriera protettiva anche a livello artistico.
Tel Aviv sin dall’inizio del contest Eurovision, si è impegnata strenuamente affinché niente sfuggisse al controllo politico. Truppe dispiegate lungo la striscia di Gaza, rafforzamento d’allerta del sistema di difesa Iron Dome contro eventuali attacchi palestinesi, durante il festival.
Un equilibrio forzato che sin dal primo momento ha mostrato segni di precarietà: molti attivisti sia palestinesi che israeliani hanno protestato, attraverso numerosi presidi, contro l’apartheid di Israele mentre a Gaza, sempre in contrapposizione, è sorto un contest musicale il ” Gazavision” in cui molti artisti palestinesi si sono esibiti nel bel mezzo delle macerie, commemorando i recenti massacri attuati a scapito dei civili Gazawi.
Una contestazione che è arrivata poi persino in diretta, quando le telecamere, durante le votazioni delle band, hanno inquadrato tre cantanti islandesi , gli Hatari, i quali hanno sfoggiato la sciarpa raffigurante la bandiera della Palestina.
Molti i fischi, e diffuso disappunto, tanto da costringere la regia a cambiare inquadratura. L’immagine però ha fatto il giro del mondo e non sono stati sufficienti i provvedimenti della sicurezza di sequestrare le bandiere.
Dall’altro lato le misure di sicurezza israeliane non si sono fatte attendere: l’azione degli ” Hatari” verrà messo in discussione dal comitato esecutivo, il quale ha tenuto a precisare che il festival nasce con obiettivi artistici e dunque lontano da dinamiche strettamente politiche.
Meno radicale e politically correct l’esibizione di Madonna che ha portato sul palco due ballerini che recavano sulle magliette rispettivamente la bandiera israeliana e palestinese, abbracciandosi infine trasmettendo un messaggio di pacifica convivenza.
L’esibizione non è comunque stata gradita dai membri dell’organizzazione del contest né dagli attivisti palestinesi che hanno ritenuto la performance quasi volta a normalizzare l’occupazione.