Un filo rosso unisce l’antica Neapolis con il mondo egizio che è ancora vivo nella “pietra” e nella toponomastica.
Da Via Nilo e piazzetta Nilo, il culto devozionale alla Dea Iside, fino all’apporto in campo culturale con astrologia e filosofia sono i punti princeps del contatto egizio con l’antica Esperia.
Il mare nostrum, il Mediterraneo è stato la culla per le prime affermazioni tramite gli scambi economici e culturali del coevo melting pot.
I mercanti, esportatori di metalli e stoffe pregiate dall’Oriente, dal Nilo, muoveranno verso il vicino Occidente, fino alla creazione con l’ Impero romano del mondo ellenistico-romano tra il I e II Sec. d.C.
E gli egizi, insieme a fenici, etruschi e greci, successivamente i romani, saranno a farne tesoro, con la “Neapolis” a trarne i vantaggi.
Se l’affermazione canonica prevede la presenza egizia a Napoli nel I sec a.C., numerosi studiosi tendono a retrodatare tale data per una vicinanza alla futura “Campania Felix” e nella Magna Grecia, antecedente addirittura all’approdo coloniale greco.
Per comprendere la portata della presenza egizia, basta tener conto di come un connotato semplice quale il “Giallo Napoli” sia dovuto all’importazione di matrice egizia.
La tonalità vicina al rossastro, risalente al periodo assiri, deriva dalla presenza di antimonio, metallo adottato per il trucco degli occhi dagli egizi.
Altro fattore rilevante è la rimodulazione della pratica di mummificazione nel mondo della Neapolis, che trova corrispondenza con la scolatura dei cadaveri.
A tal punto va osservato come il culto dei morti indica non soltanto sull’aspetto materiale, ma anche nell’imaginery trascendentale dell’aldilà. Il rapporto tra il vivente e i cari estinti, in una possibile vicinanza al limite dell’esoterico, potrebbe esser dovuto all’apporto del culto di Osiride.
La monumentalità ultima da menzionare è la presenza del culto della grande madre, la Dea Iside, esempio di maternità e fertilità, solitamente rappresentantata con il figlio in braccio e ritenuta antecedente al culto mariano cristiano.
Insieme al culto del Dio Nilo la cui scultura, anche parlante se si tien conto della toponomastica, è ancor visibile a Spaccanapoli. Altri resti permangono presso gli scavi di Pompei con il tempio di Iside, databile intorno al III e II secolo a.C.