La svolta lavorativa per Eduardo arrivò solo negli anni Trenta come spalla del famoso Totò. Eduardo scelse come nome d’arte Passarelli, proprio per differenziarsi dall’omonimo fratello.
Nel cinema prese parte a diversi film, come: Roma città aperta, di Roberto Rossellini; Le quattro giornate di Napoli di Nanni Loy e tanti altri. Passarelli, inoltre, esordì come sceneggiatore sempre con Totò, scrivendo copioni come la scena del tribunale nel film La cambiale. Passarelli non vestì mai i panni di protagonista, interpretò solo ruoli marginali e tra i figli di Scarpetta fu quello che ebbe minor successo.
Scrisse insieme ad Alessandro Ferraù un volume dedicato a Totò: Siamo uomini o caporali, film risalente al 1955, diretto da Camillo Mastrocinque e interpretato da Totò e Paolo Stoppa.
Nel film, Totò esasperato dalla prepotenza e dall’insensibilità dell’amministratore di un teatro di posa, al quale si è rivolto per avere del lavoro, minaccia di ucciderlo, per cui viene preso per matto e rinchiuso in osservazione in una clinica psichiatrica. Al medico che lo interroga Totò espone le sue idee sulla società e sulla vita sociale. Secondo lui gli uomini si dividono in due gruppi: gli uomini propriamente detti, cioè coloro che soffrono, che lavorano, che sudano, e i “caporali”, vale a dire coloro che fanno lavorare, fanno sudare, fanno soffrire gli altri. Per dare la dimostrazione pratica della fondatezza della sua teoria, Totò rievoca alcuni episodi della propria vita nel corso della quale è sempre stato messo nei guai da qualche “caporale”. Durante il periodo fascista, il ruolo di “caporale” è tenuto da un milite fascista che lo perseguita; nel periodo dell’occupazione tedesca, Totò è vittima del direttore del campo di concentramento che lo fa condannare addirittura alla fucilazione. Poi sarà la volta di un ufficiale americano che, abusando della propria autorità, tenta di sedurre Sonia, la fidanzata di Totò, e del direttore di un settimanale a rotocalco, che approfittando della buona fede di Totò, gli fa firmare un memoriale nel quale gli fa dire quello che Totò non ha mai pensato né detto. Quando Totò vuol pubblicare una ritrattazione, il giornalista lo fa condannare per truffa. Convinto dalle buone ragioni di Totò, il medico lo lascia libero ma uscendo dalla clinica il poveretto ha l’amara sorpresa di vedere la sua Sonia passargli davanti in una lussuosa macchina. Accanto a lei c’è il marito, un ricco industriale milanese. Un altro “caporale”.