Repubblica Democratica del Congo: l’epidemia di ebola dilaga e fa strage.
All’agosto 2018 risale il principio di un’emergenza che è ormai giunta ad essere una questione di ordine internazionale, come riferisce l’Organizzazione Mondiale della Sanità.
L’OMS era stata in dubbio diverse volte sull’eventualità di dichiarare lo stato di emergenza, sperando in più proficui sovvenzionamenti per le operazioni sanitarie. Occorrerebbero 148 milioni di dollari per garantire supporto sanitario di qui a luglio -dice il direttore generale dell’OMS, Tedros Adhanom -ne abbiamo solo 74.
Non è però una decisione che si prende facilmente e “a cuor leggero”, difatti lo stato di emergenza è incorso soltanto quattro volte dal 2005, quando la regolamentazione in proposito è divenuta più rigida.
I motivi sono da adibirsi ad una perdita di eccezionalità legata all’emergenza e al fatto che una tale condizione limiterebbe i rapporti commerciali e la possibilità di viaggiare -e quindi l’economia- delle nazioni coinvolte.
L’epidemia congolese -lo afferma il Comitato dell’OMS- non è quindi ancora un’emergenza conclamata.
Essa non si è ancora diffusa in altri paesi nonostante perduri da svariati mesi, è questo il dato rassicurante.
2.500 persone infettate, 1.700 circa uccise, 12 casi, in media, al giorno.
In 161 mila ad aver ricevuto il vaccino ma preoccupanti le quantità disponibili restanti, oltre a forniture ed approvvigionamenti. Si raccomanda di utilizzare addirittura dosi minori per le successive vaccinazioni.
Pochi giorni fa era stato segnalato un caso a Goma, centro dell’economia ed il maggiore per dimensioni. Si tratta di un pastore proveniente da Butembo, uno dei focolai dell’epidemia.
Il virus si sarebbe propagato nella zona nord-est del Congo, al confine tra Ruanda ed Uganda, dove è già stata registrata la morte di un bambino di 5 anni e di sua nonna di 50, oltre a qualche altro caso isolato.
L’OMS ritiene sia la seconda più importante epidemia di ebola, seconda solo a quella che intercorse tra il 2014 ed il 2016 in Africa occidentale.
Nonostante oggi vi siano strumenti più adeguati e cure più accessibili la situazione non cambia però di molto. La titubanza nel sottoporsi al vaccino e l’instabilità in cui versa la regione non permettono una situazione migliore.