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Donne in Afghanistan: tra diritti negati e repressione

Sono ore convulse quelle che si stanno svolgendo a Kabul, per l’avvenire sociale ed istituzionale dell’Afghanistan. I leader talebani stanno infaticabilmente lavorando alle consultazioni per la formazione del nuovo Governo – che definiscono “inclusivo” – ma che esclude a priori le donne. Quelle stesse donne a cui è stato vietato di praticare sport perché “esporrebbe i loro corpi” e le ostenterebbe ai media, ha dichiarato all’emittente australiana Sbs News, il membro della commissione culturale Ahmad Khan Samangani.

Non credo che alle donne sarà consentito di giocare a cricket, perché non è necessario che le donne giochino a cricket. […] Potrebbero dover affrontare situazioni in cui il loro viso o il loro corpo non siano coperti. L’Islam non permette che le donne siano viste così. […] Questa è l’era dei media, e ci saranno foto e video, e la gente li guarderà. L’Islam e l’Emirato islamico non consente alle donne di giocare a cricket o qualunque altro tipo di sport che le esponga.”

Anche la confortante notizia della riapertura della Scuola per non udenti, a seguito della chiusura avvenuta con l’avanzata dei talebani, non è stata priva di rammarico: la Scuola, gestita dall’Afghanistan National Association of the Deaf, ha riattivato le attività solo per gli allievi maschi.

“Questa mattina i talebani hanno bussato alla porta della scuola e hanno detto che le ragazze sopra i 12 anni non potranno più frequentarla. Un colpo basso e doloroso per noi, che abbiamo inserito tante ragazze anche nei corsi di formazione professionale e all’università e che ora ci troviamo a dover rinunciare a questo pezzo importantissimo del nostro lavoro”, ha spiegato Silvia Redigolo, responsabile comunicazione di Pangea onlus, che teme un’ulteriore restrizione anche per le bambine tra i 3 ed i 12 anni. “Anche alcune insegnanti della nostra scuola sono dovute scappare, al loro arrivo”.

In un ulteriore decreto diffuso dai talebani, fatto pervenire alla vigilia della ripresa dell’anno accademico, si precisa che verrà destituito il sistema delle “classi miste”: le studentesse afghane dovranno indossare un abaya nero, con un niqab che copra loro il volto, per poter accedere alla frequenza universitaria. Il decreto emanato dal Ministero dell’Istruzione Superiore ha precisato che le donne iscritte all’università dovranno abbandonare le classi con un anticipo di almeno cinque minuti rispetto ai colleghi uomini, ed intrattenersi nelle sale d’attesa finché questi ultimi non abbiano abbandonato completamente i locali. Le università, inoltre, dovranno provvedere al reclutamento di insegnanti donne, per le studentesse.

LA RIPRESA DEL POTERE DA PARTE DEI TALEBANI E L’IMPATTO SULLE DONNE

La nuova ascesa al potere da parte dei talebani sta comportando e comporterà l’inesorabile deprivazione di tutti quei diritti faticosamente conquistati dalle donne afghane dopo il 2001, anno di caduta del regime. A seguito della disfatta del regime si sono registrati notevoli sviluppi politici e socio-economici a vantaggio della fascia di popolazione femminile. Oltre 100mila donne hanno potuto fruire dell’istruzione universitaria e 3.5 milioni di ragazze sono riuscite ad iscriversi a scuola. La presenza femminile in Parlamento è lievitata del 27%, e tantissime cittadine hanno ottenuto successi personali nei campi più disparati: medicina, giurisprudenza e nell’insegnamento.
Ad oggi, con la condizione vigente in Afghanistan, tutti i progressi ottenuti negli anni vengono fortemente messi a repentaglio: le vecchie regole in vigore negli anni Novanta, durante il precedente regime talebano, stanno per essere nuovamente implementate, inibendo il processo di “women empawering” faticosamente sostenuto dalle donne nel corso del tempo.

NON SI ARRESTA LA PROTESTA DELLE DONNE AFGHANE 

Continua, coraggiosa e risoluta, la protesta delle donne in Afghanistan, nonostante i filmati delle contestatrici bastonate ed attaccate con gas lacrimogeno abbiano fatto il giro del mondo.

“I talebani ci aspettavano. Si erano preparati sin da venerdì. Hanno mandato la “Badri”, la brigata delle loro truppe scelte migliori. Dovevano disperderci rapidamente. Ma non ci sono riusciti. E hanno dovuto usare la forza.”, ha spiegato una delle leader, Fawzia Wahdat.

Da giorni, la protesta si è diffusa in varie città del Paese: Herat, Kabul, fino a Mazar-e-Sharif, la capitale della provincia di Balkh, dove in tantissime hanno sfilato con il velo, ma senza burqa ed a volto scoperto. Le “eroine anti-talebani” chiedono a gran voce che i progressi conquistati negli ultimi 20 anni non si dissipino, e di essere attivamente incluse nei ruoli governativi.