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Diritti umani e cause sociali a Tokyo 2020

L’Olimpiade appena conclusasi a Tokyo ha messo al centro i diritti umani e le cause sociali. Da una parte le gare, le medaglie, la gloria eterna che solo le Olimpiadi sanno regalare ad uno sportivo. Dall’altra la Tokyo 2020 dei temi sociali che ogni giorno rubano parte dell’attenzione ai Giochi. Un’Olimpiade dei diritti e delle cause internazionali che ha raccolto il mondo nello stesso villaggio e fa discutere, sui social e nella metropoli giapponese.

Dai messaggi arcobaleno della capitana della nazionale tedesca di hockey che ha indossato alle Olimpiadi la fascia simbolo del movimento Lgbt, si è poi passati alle parole del campione di tuffi Tom Daley, oro olimpico che al momento della premiazione ha annunciato: “Sono molto orgoglioso di essere un uomo gay e un campione olimpico”.

Non sono mancati i simboli della lotta al razzismo (Black Lives Matter). La ginnasta Luciana Alvarado dalla Costa Rica si è inginocchiata durante l’esercizio a corpo libero: «Meritiamo tutti rispetto e dignità, stare ai Giochi senza dirlo non ha senso».

Particolare attenzione si è data ai diritti delle donne. Sulla pedana di Tokyo 2020, le ginnaste tedesche non sono scese in campo solo per conquistare il gradino più alto del podio, ma anche per dire basta “Alla sessualizzazione del corpo femminile in questa disciplina”.

Una protesta che le ha portate a esibirsi con una lunga tuta alla caviglia al posto del “tradizionale” body tagliato alto sulla coscia come fosse un bikini.

La squadra di scherma statunitense, in occasione della sfida degli ottavi di finale del torneo di spada a squadre, si è presentata in pedana con il volto coperto da una mascherina di colore rosa mostrando solidarietà alle donne e per protestare per la presenza della riserva del loro stesso team, Alen Hadzic, che invece ne portava una nera, sotto accusa in patria per molestie sessuali per fatti risalenti dal 2013 al 2015.

Tokyo 2020 ha dimostrato come il potere dello sport può cambiare il mondo. Queste sono solo alcune delle storie degli atleti divenute veri e propri simboli delle battaglie per i diritti  umani e cause sociali di tutti.

 

Dora Caccavale
Dora Caccavale
Nata a Napoli (classe 1992). Laureata in Storia dell'Arte presso l'Università degli Studi di Napoli Federico II. Autrice del libro "Lettere di Mattia Preti a Don Antonio Ruffo Principe della Scaletta" AliRibelli Editore. Organizzatrice di mostre ed eventi artistici e culturali. La formazione rispecchia il suo amore per l'arte in tutte le sue forme. Oltre alla storia dell'arte ha infatti studiato, fin da bambina, danza e teatro. Attualmente scrive per la testata XXI Secolo.