Mantenere l’autocontrollo è molto importante, ci consente di affrontare in maniera lucida ed efficiente situazioni critiche.
Tuttavia in alcuni momenti tale consapevolezza cede il passo alla paura di un pericolo o di un evento minaccioso.
Lo dimostra lo psicologo John Leach dell’Università di Portsmouth (in Gran Bretagna), che studiando situazioni di emergenza, come naufragi e incidenti aerei, ha formulato la teoria del 10 – 80 – 10.
Secondo quest’ultima solo il 10% delle persone gestisce lucidamente un’emergenza; l’80% entra in confusione e viene bloccato dall’ansia e il restante 10% risponde con comportamenti controproducenti.
In realtà di fronte a un’emergenza si attivano due sistemi fisiologici che si occupano di garantire l’autoconservazione: la parte simpatica del sistema nervoso autonomo e l’asse ipotalamo-ipofisi-surrene.
Questo porta al rilascio di ormoni come adrenalina e cortisolo, che preparano l’individuo a rispondere all’evento con la cosiddetta risposta di attacco o fuga.
Tale risposta è contraddistinta da un aumento del battito cardiaco e della respirazione, inibizione del sistema digestivo e aumento della riserva di glucosio ai muscoli.
In questo modo ci prepariamo a rispondere tempestivamente ad eventi inattesi e potenzialmente pericolosi, ma questo processo non basta a garantire la lucidità.
Infatti come sostiene Sarita Robinson, psicologa dell’Università del Lancashire Centrale, anche se questi cambiamenti ci aiutano a fronteggiare la minaccia producono dei mutamenti neurochimici al livello cerebrale che possono ostacolare il funzionamento della corteccia prefrontale, riducendo le possibilità di sopravvivere.
Quindi non si riesce ad agire lucidamente perchè lo stress è troppo elevato e la corteccia pre frontale non funziona adeguatamente.
Durante i suoi studi Leach ha trovato che poco prima di lanciarsi dall’aereo, anche i paracadutisti più esperti manifestano un deficit nella memoria di lavoro. Questa funzione è gestita dai lobi prefrontali, che rielaborano le nuove informazioni e recuperano dati dalla memoria a lungo termine adattando il comportamento alle conoscenze possedute.
Ciò spiega come mai anche i paracadutisti più esperti nel caso di problemi col paracadute principale vivono un “blocco cerebrale” e non riescono ad aprire il paracadute di riserva. In questi casi subentra una reazione di congelamento, una vera e propria immobilità comprovata dai testimoni di aggressioni.
Autocontrollo: ha una base biologica?
Quando i ricercatori hanno studiato il comportamento delle persone che in situazioni stressanti riescono a mantenere la calma e ad agire con lucidità hanno trovato che il loro autocontrollo ha una base biologica.
In particolare lo psichiatra Charles A. Morgan ha osservato il comportamento di un gruppo di soldati americani durante un addestramento di tre settimane che simulava in modo realistico una situazione di prigionia, la giornata era seguita da interrogatori serrati.
Dai prelievi di sangue è emerso che i soldati che mostravano una maggiore calma e lucidità presentavano livelli più alti del neuropeptite Y, una catena di amminoacidi che regola l’appetito e i vasi sanguigni e svolge un effetto ansiolitico.
Tuttavia biologico non equivale necessariamente ad ereditario, infatti il cervello si modifica con l’apprendimento e le esperienze e lavorando sulla personalità e le predisposizioni individuali si possono influenzare le risposte cerebrali. Nello specifico gli studi hanno evidenziato tre caratteristiche che aiutano a mantenere l’autocontrollo, queste sono: consapevolezza della situazione, resilienza e regolazione emotiva.
Consapevolezza della situazione
Chi riesce ad elaborare velocemente una mappa mentale di ciò che sta accadendo in una data situazione ha maggiori possibilità di gestire bene le emergenze, le persone naturalmente curiose sono predisposte a questo tipo di risposta. Si tratta della capacità di osservare la situazione, di discriminare gli aspetti critici e anticiparne l’impatto.
Ciò comprende l’abilità di leggere lo stato emotivo dell’altro e di cogliere le eventuali intenzioni di un aggressore. Tale tesi è sostenuta dallo psicologo Albert Siebert dell’Università di Portland, negli Stati Uniti.
Resilienza
Chi ha sangue freddo è portato ad affrontare positivamente le difficoltà della vita ed è resiliente. La ricerca afferma che per funzionare in situazioni stressanti bisogna vedere i cambiamenti e le incertezze come stimoli e non come problemi. La chiave starebbe nel concentrarsi su ciò che può migliorare la situazione e mantenere un senso di impegno verso il mondo.
Autocontrollo
Uno degli aspetti più salienti è quello della regolazione emotiva, bisogna favorire un senso di lucidità e non aver “paura della paura”. La maggior parte delle persone rifiuta la paura e interpreta negativamente i segnali corporei ad essa associati, come l’aumento del battito cardiaco.
In tal modo si favorisce una situazione ciclica nella quale l’ansia aumenta e riduce l’autocontrollo e la lucidità della persona. Chi ha autocontrollo comprende che la paura non deve bloccarlo e che può essere vissuta come una risorsa.
Infatti, uno stress moderato può aiutare a migliorare la concentrazione. Per gestire adeguatamente la paura sarebbe importante sviluppare una piena accettazione delle proprie emozioni già in età infantile. Inoltre l’autocontrollo nelle emergenze collettive è contagioso, come sostiene lo psicologo Siebert.