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Chiesa di S. Pietro apostolo, l’epilogo impossibile

Ignote sono le documentazioni quanto discordanti i pareri degli studiosi intorno alla creazione della Chiesa di S. Pietro apostolo di Caivano, ma costante è la ricchezza storica, culturale e antropologica che rischiara ogni sua pietra.

La prima attestata presenza in un un documento sulla presenza nel territorio a nord di Napoli è datato 1186, all’interno  di una bolla pontificia, quindi è presumibile che tra X-XI secolo fosse già presente una struttura atta alla somministrazione dei sacramenti.

La conformazione architettonica e artistica della chiesa di S. Pietro apostolo è mutata con i corsi e ricorsi storici e politici locali correlati alle vicende del regno di Napoli, acquistando importanza come testimonia la presenza del castello limitrofo.

Indizio della struttura originaria della chiesa di S. Pietro è il transetto, a cui fa contrasto il campanile, elemento architettonico più moderno, databile 1828  da parte dei flli Lanna.

Predominante nella chiesa di S. Pietro è lo stile barocco, che esplode nelle cinque navate, giustapposte ai vari elementi e influssi artistici assunti nel corso del tempo come caratteri rococò e settecenteschi senza riuscire a eliminare i tratti tardo-gotici, grazie all’apporto di nomi dell’arte soprattutto partenopea.

Tra questi spiccano Luca Giordano ai lati della struttura ecclesiastica e l’altare del monte Crocifisso di Giovanni Battista Mazzotti, a cui seguito il pennello di Gennaro Greco per la vasca battesimale e le decorazioni del soffitto. 

Ma ulteriore fascinazione assurge per la presenza di pietre tombali, databili tra XV e XVI secolo, insieme al mausoleo funebre per l’arcivescovo Marino De Li Paoli, correlate ai magnati della Gran Vicaria di Napoli e vicino alla famiglia Carafa e della storia del papato nel XV secolo.

L’opera scultorea del mausoleo, di stile tardo gotico risente ad un ignoto maestro di marmi napoletano; interessanti sono le pietre tombali raffigurante la famiglia Rosano, prestigiosa famiglia locale collegata ai d’Angiò secondo le documentazioni superstiti la cui creazione è stata attribuita alla mano di un allievo della scuola napoletana di Antonio Baboccio di Priverno; mentre ignota è la mano dello scultore napoletano realizzatore della pietra tombale raffigurante il giovane notabile Francesco Alessandro d’Urso, datata 1611.

Ancora altri misteri sottendono in questo microcosmo parlante di una storia locale spesso macchiata e sepolta.

 

Domenico Papaccio
Domenico Papaccio
Laureato in lettere moderne presso l'Università degli studi di Napoli Federico II, parlante spagnolo e cultore di storia e arte. "Il giornalismo è il nostro oggi."