Jannik Sinner è il tennista attualmente numero uno al mondo ed è un orgoglio italiano. Sta macinando vittorie su vittorie da un continente all’altro, e da un torneo all’altro. Ma da quando è scoppiato il caso del doping, per cui Jannik è stato trovato positivo al clostebol agli Indian Wells, l’opinione pubblica si è subito divisa. Proviamo dunque a riepilogare i fatti. Caso Sinner-clostebol: tra innocentisti e colpevolisti.
Che cos’è il clostebol
Il clostebol è stato trovato in minime tracce nelle analisi antidoping cui è stato sottoposto . Per due volte a distanza di otto giorni, la prima volta il 10 marzo e la seconda il 18. La molecola è uno steroide anabolizzante derivato dal testosterone e fa parte dell’elenco dei composti proibiti agli atleti.
Tra gli effetti comuni agli anabolizzanti vi sono l’ aumento della massa muscolare e il conseguente miglioramento delle prestazioni fisiche. In passato si è scoperto che il clostebol veniva usato da alcuni atleti dell’ex Germania dell’Est, mentre oggi il suo uso è più sporadico anche perché non è facilmente reperibile, a differenza di altri derivati.
In Italia in effetti la molecola si trova solo in due prodotti con finalità cicatrizzante utilizzabili per uso topico (Trofodermin crema o spray) dove è associato all’antibiotico neomicina. Le minime quantità ritrovate nel sangue di Sinner sarebbero legate all’uso di una crema da parte del suo fisioterapista, secondo le indagini dell’ International Tennis Integrity Agency (Itia).
Intervistato sulla questione , il noto farmacologo Silvio Garattini, fondatore dell’Istituto Mario Negri di Milano, ha tuttavia precisato che il farmaco può aumentare la massa muscolare ma non certo se utilizzato per via cutanea. Se si pensa all’uso di una crema o di uno spray è più che evidente che è da escludere un’intenzione dopante. Per il doping servono dosi ma soprattutto vie di somministrazione diverse,quali la via orale o la via iniettiva
Innocentisti e colpevolisti
In Italia prevalgono nettamente gli innocentisti. Tra questi Alberto Salomone, professore di chimica analitica e tossicologia all’Università di Torino, uno dei massimi esperti internazionali di doping.
Per lui la positività risultata all’esame del campione di urina è troppo bassa per configurare il reato di doping, e in più è stata identificata l’origine della contaminazione. È stato escluso anche dall’ITIA che la presenza fosse riconducibile a una finalità anabolizzante.
Secondo Salomone è dimostrato scientificamente che anche una stretta di mano può produrre una positività urinaria. Infatti il metabolita del farmaco viene rilevato anche a bassissime quantità. D’altronde la difesa di Sinner è stata chiara. La contaminazione è avvenuta tramite contatto col suo fisioterapista ferito al dito.
Ma all’estero sono in tanti a dubitare della buona fede del campione italiano. “È incomprensibile che Sinner sia stato assolto da un tribunale in questo contesto. Non c’è modo di aggirare il fatto che l’uso del clostebol comporta automaticamente una squalifica da due a quattro anni. È una vicenda che puzza da morire”. Così si è espresso l’esperto di doping tedesco Fritz Soerge .
Ci sono poi considerazioni anche di tipo economico, niente affatto secondarie. “Non so se colpendo Jannik Sinner il movimento possa sopravvivere”. Così ha dichiarato l’ex campione americano Jimmy Connors sulla vicenda Clostebol
In attesa della sentenza definitiva
Dopo l’assoluzione dell’ITIA , il 23enne di Sesto Pusteria è in attesa del ricorso della WADA che potrebbe infliggergli una squalifica che inciderebbe pesantemente su tutto il mondo tennistico. Anche per questo in tanti come Connors sono schierati a favore del giovane azzurro.
Non ci resta che aspettare l’ inizio del 2025 , quando arriverà la decisione definitiva del Tas di Losanna dopo il ricorso fatto dall‘Agenzia Mondiale Antidoping (WADA). Sarà un momento decisivo non solo per Sinner, ma anche per il futuro prossimo del tennis mondiale. Che ha visto un inarrestabile incremento di interesse proprio grazie all’ascesa di un campione come lui.
Ma intanto, a prescindere dall’esito della sentenza , occorre cominciare a ripensare al criterio finora seguito della tolleranza zero. Infatti oggi, grazie al progresso tecnologico, la capacità dei laboratori di identificare tracce infinitesimali delle varie sostanze nelle urine è elevatissima. E troppo elevato è anche il rischio di sanzionare atleti solo per involontari episodi di contaminazione.