Benedetto da Norcia rientra tra le figure emblematiche dell’affermazione dell’immaginario sulle soglie del mondo del Medioevo.
Se per comprendere la weltschaguun medievale nel campo politico e spirituale, le autorità principes sono l’imperatore Costantino il Grande e Agostino di Ippona, a far seguito a tali personaggi storici Benedetto appone un input di un fenomeno che coinvolge l’aspetto storico, sociale e culturale non inferiore.
Attorno alla personalità spirituale di Benedetto si radunano le confessioni cristiane atte alla contemplazioni di figure beate, come la Chiesa cattolica e ortodossa.
La data di nascita è riconducibile intorno al 21 marzo del 480 d.C.; esponente della gens Anicia di cui facevano parte figure di spicco del pensiero cristiano-medievali quali Severino Boezio, autore del De consolazione philosophia e papa Gregorio Magno, Benedetto è stato tra i padri del monachesimo occidentale.
La vicenda biografica di Benedetto è ricca di sfumature agiografiche e leggendarie, in correlazione alla fortuna della regola dell’ordine monastico omonimo, grazie all’apporto che nel farà successivamente Carlo Magno per riabilitare le sorti del clima ecclesiastico e monastico nei domini dell’Impero caroligio.
Gregorio Magno nei Dialoghi narra che a destare la sua devozione sia stato il clima moralmente perverso osservato nella decaduta Roma tardo imperiale, abbandonando qualsiasi vita attiva, compresi gli studi.
Aspetto non marginale in una realtà pervasa dall’aspetto ascetico-trascendentale come quella medievale.
L’incontro con forme di vita monastica, arrivate in Occidente grazie a San Gerolamo, autore della “Vulgata” , si erano evolute e trasformate nel corso del tempo fino all’esperienza del “Vivarium” di Cassiodoro, diede modo a Benedetto di conoscere e sperimentare le sopracitate soluzioni ascetiche, come eremitismo e cenobitismo.
Tra il 524 e 529-30, Benedetto, divenuto ormai figura egemone nel mondo monastico, dopo alcuni episodi come l’attentato alla sua stessa vita, decise di insediarsi nei pressi di Montecassino, occupando un’area antecedentemente adibita a culti pagani.
Se i primi modelli di riferimento di Benedetto da Norcia furono il Battista e Martino di Tours, successivamente elaborò, tenendo conto delle precedenti esperienze monastiche nate tra Occidente e Oriente.
La Regola benedettina è databile intorno al 540, in cui la vita contemplativa e attiva venivano riformulate tout court, a partire dallo stabilirsi vita naturale durandi in un singolo posto, l’elasticità in base alle capacità umane di adempiere ai bisogni evitando quegli eccessi presenti nelle passate forme inaugurate da Antonio e già suffragate da Paconio e Basilio.
Il motto “Ora et Labora” sintetizza la dinamicità della visione benedettina, la quale spostava l’ago della bilancia tra il lavoro manuale e la preghiera a seconda del monaco.
Laddove il suddetto non avesse inclinazioni verso le pratiche dello spirito, poteva dedicarsi alle attività in ambiti manuali.
I medievalisti, coadiuvati dall’asilo della filologia, si sono interrogati sul rapporto tra Regola Benedettina e dell’anonimo Magistri, data la forte specularità e somiglianza tra i due testi, avallando spesso la prima modello di quest’ultima.
Le prime due parti della Regula Magistri e quella benedettina sono simmetriche per lunghezza e tematiche affrontate, oltre che ad esser composte in anni assai prossimi tra gli anni 30′ e 40′ del VI secolo d. C.
In verità tale posizione è stata messa in discussione, rovesciando il rapporto; ciononostante il carattere sistemico e pragmatico della regola di Benedetto ha aspetti che divergono dalla rigidità e la prolissità della Regula Magistri.