A pochi giorni dal terribile incidente che ha distrutto parte della città, a Beirut scoppia la rabbia della popolazione, stremata e piegata da una gravissima crisi economica che attanaglia il paese ormai da mesi.
Molto duri gli scontri di strada con la polizia, intervenuta per sedare la rivolta a colpi di lacrimogeni e pallottole di gomma.
A quanto riferisce la Croce Rossa libanese, il bilancio parla di almeno 230 persone rimaste ferite, di cui 63 hanno necessitato del ricovero negli ospedali della città, mentre gli altri sono stati curati sul posto.
Un agente delle forze dell’ordine ha invece perso la vita, stando a quanto dichiarato da un portavoce delle autorità.
I manifestanti, guidati da un manipolo di veterani dell’esercito in pensione hanno anche preso d’assalto ed occupato, per diverse ore, la sede del ministero degli Esteri, nel cuore della capitale, dove è stata rimossa e gettata a terra la foto del presidente della Repubblica Michel Aoun.
Sul posto è poi arrivato l’esercito che ha avviato le trattative con i manifestanti,costretti poi in serata a sgomberare il Ministero, dopo aver chiesto un processo per i responsabili dell’esplosione del 4 agosto e le dimissioni dell’attuale leadership politica.
Durante gli scontri sono stati poi presi d’assalto anche la sede del ministero del Commercio e quella dell’Associazione delle banche al grido di “Abbasso il regno delle banche!”. Altri manifestanti hanno poi “impiccato” un manichino del leader degli Hezbollah, Hasan Nasrallah, ad un finto patibolo eretto a Piazza dei Martiri.
Gesto che subito scatenato anche la reazione dei seguaci di Hezbollah, scesi in strada, a loro volta, contro i manifestanti anti-governativi, costringendo l’esercito a frapporsi tra le due fazioni per impedire lo scontro.
Quella di ieri a Beirut è la prima grande manifestazione dopo la tragedia di martedì scorso, per protestare contro l’attuale classe politica, accusata di aver causato la grandissima crisi economica, che ha distrutto la classe media e provocato il default del Paese, dove i bambini sono ridotti alla fame ed i prezzi dei beni di prima necessità sono ovviamente schizzati alle stelle.
Gli scontri con la polizia sono iniziati nel primo pomeriggio, quando i manifestanti stavano cercando dirigersi verso il Parlamento. Superati i blocchi di cemento, posti a protezione da parte delle forze di sicurezza, è iniziato un lancio di pietre da parte dei manifestanti, cui la polizia ha risposto con lacrimogeni e pallottole di gomme.
Dopo poche ore è saltata anche la connessione internet in tutta la zona, con i media che ipotizzano come sia stata una scelta precisa per impedire ai manifestanti di comunicare online tra di loro e diffondere immagini dei disordini in corso.
Nonostante il clima davvero infuocato però, i vertici istituzionali del paese continuano ad essere fermi sulle loro posizioni: il premier Hassan Diab è intervenuto con un discorso in tv, nel quale invitava i partiti politici a risolvere la grave crisi del paese, evocando elezioni anticipate. Niente dimissioni come chiedono i manifestanti quindi, ma un ultimatum a tutta la classe dirigente libanese : “Ora è il momento della responsabilità collettiva. Vogliamo una soluzione per tutti i libanesi”.
Ma la sensazione è che si è all’inizio di una guerriglia che rischia di non fermarsi presto e di alimentere la rabbia a Beirut e in tutto il paese.