Il campo di concentramento di Auschwitz non è un museo, o meglio, non è da intendere come un’attrazione turistica; un concetto importantissimo e dal notevole spessore morale.
Si tratta del più grande di sterminio nazista, simbolo della Shoah, e oggigiorno erroneamente viene definito museo, ma in realtà si tratta di un vero e proprio monumento celebrativo.
Lì è dove è avvenuto l’irreparabile, delle barbarie per le quali non si potrà mai più chiedere scusa, delle atrocità che ancora oggi fanno gelare il sangue.
Auschwitz è un luogo della memoria non esclusivamente della Shoah, ma anche del martirio polacco e delle altre nazionalità.
Ricordiamo che il numero delle persone uccise non è mai stato precisato; tra 15 e 17 milioni di vittime, secondo l’Holocaust Memorial Museum di Washington; oltre cinque milioni di ebrei, e prigionieri di guerra, polacchi, rom e sinti, omosessuali, testimoni di Geova, slavi, dissidenti politici.
Il campo di sterminio di Auschwitz è considerato il luogo dove commemorare quella che è definita la più grande infamia commessa dall’umanità ai danni dell’umanità stessa, il simbolo di una tragedia che non troverà mai spiegazioni plausibili.
Come si spiega la morte di persone innocenti, tra le quali bambini, anziani e diversamente abili?
L’accezione di monumento commemorativo permette di costruire un’immagine che rimanda a ciò che è stato, al passato, facendo in modo che si possa ricordare e creare una vera e propria coscienza collettiva.
I luoghi di memoria diventano così delle “fonti dirette”, quelle cioè che una società produce volontariamente per trasmetterle ai posteri, a differenza della massa indefinita delle fonti indirette.
Il celebre campo di concentramento si configura come un luogo di preghiera (per i credenti ovviamente) e di riflessione, dove “anche le pietre sembrano voler dire qualcosa”.
Il luogo lascia senza fiato per immensità e per l’aria che si respira, ma soprattutto per quell’incolmabile senso di dolore che, quanti lo hanno visitato hanno raccontato di aver provato.
Ecco perchè dire che Auschwitz sia un’attrazione turistica, è sbagliato. Come la linguistica stessa insegna, quando si esprimono determinati concetti o qualora si faccia riferimento ad un luogo, bisogna scegliere accuratamente le parole da attribuire.
Usare termini sbagliati può ferire, ed in questo caso il rischio è quello di ledere la dignità delle innumerevoli vittime innocenti dello sterminio nazista.
Ad Auschwitz non si ammirano quadri ed opere d’arte. I visitatori possono osservare gli oggetti delle persone che purtroppo non sono sopravvissuti.