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Assunta Spina, dalla novella al teatro e al cinema

Assunta Spina di Salvatore Di Giacomo potrebbe essere un ottimo esito testuale per interrogarsi in chiave socio-antropologica sulla realtà del mondo femminile del Mezzogiorno napoletano della fine 800′.

La verve verista contaminato dall’alone melodrammatico, al punto da caricarsi delle recriminazioni di Domenico Rea ne “Le due Napoli”, ha portato lo stesso Di Giacomo a favorirne un prototipo di adattamenti che ancor oggi fa di Assunta Spina una figura e un ipoteso interessante.

Nato sotto forma di novella nel 1888, venendo inserito poi su sollecitazione di Treves nelle “Novelle Napolitane”, Assunta Spina nel 1909 trova nello stesso suo fautore un adattamento teatrale. 

Di Giacomo rimaneggia l’epoca d’ambientazione, spostandola di alcuni anni e si focalizza maggiormente sul motore passionale-sentimentale a cui fa da contrasto la sessualità al limite del carnale e dell’emancipazione della figura della piccolo-borghese Assunta.

Assunta è una femme fatale invischiato nel sostrato folklorico che il personaggio verghiamo de “La Lupa”, oppure la Giacinta del Capuana, hanno perduto.

Soprattutto sul versante linguistico, la soluzione “classicheggiante” del dialetto depurato adottata dal Di Giacomo, parimenti a quella di Matilde Serao, darebbe enorme credito alle soluzioni critiche di Rea e La Capria.

Ma è proprio tale caratteristica a farne un soggetto vincente e prolifico per il palcoscenico e lo schermo, tanto da essere apprezzato anche da Eduardo de Filippo e soprattutto dalla Magnani nazionale.

L’accoppiata Eduardo-Magnani portò sul grande schermo per la prima volta la vicenda di Assunta Spina nel 1953, dando il via alle proliferazioni di adattamenti nel mondo televisivo di Mamma Rai.

Il moto psicologico del soggetto del Di Giacomo, la sua sfrontatezza è scisso in due personalità antitetiche.

Da un lato Assunta è legata con un legame dostoevskiano al suo carnefice Michele Boccadifuoco, il quale marchia sulla sua bellezza il feticcio della possessione.

Dall’altra parte, Assunta è invischiata un un vortice erotico nato da un incomprensibile complesso di colpa con il cancelliere Funelli, dando il via ad un rapporto culminante con la disfatta emotiva di Assunta e della morte per l’amante per mano del carnefice Michele.

All’interno della trama rimbombano gli stereotipi tipicamente partenopei, come lo struscio per la festa di San Gennaro, oppure la visione del vicolo come locus adibito alla vivibilità per le classi inferiori.

 

 

Domenico Papaccio
Domenico Papaccio
Laureato in lettere moderne presso l'Università degli studi di Napoli Federico II, parlante spagnolo e cultore di storia e arte. "Il giornalismo è il nostro oggi."