Alessandro Di Battista decide di rimettersi in gioco e parte carico per il suo ritorno in politica da quando nel 2018 rinunciò a ricandidarsi per il Movimento. La situazione che ha destato l’attenzione in questi giorni riguarda il desiderio dell’ex deputato della Camera riguardante la necessità, per il partito pentastellato, di mettere in atto una vera e propria assemblea costituente, che sarebbe a suo parere l’unica soluzione per ricreare armonia e un senso di identità all’interno del movimento, in cui sembra che ultimamente vaghino diverse anime non proprio concordi.
Si tratta di divergenze che impediscano un agire equilibrato, al punto tale da rendere necessaria una ricostruzione? D’altronde in un momento in cui sfasciare invece di ricomporre potrebbe qualificarsi come un ulteriore rischio per tutte le anime in gioco del Paese, in senso ampio. Ma esiste sempre l’altra faccia della medaglia. Tra l’altro il Movimento è da sempre stato un connubio di visioni, e ciò meglio non può manifestarsi se non in un momento di crisi sanitaria, economica ed ideologica come quello attuale, senza precedenti.
Ciò che sta accadendo in questi giorni è uno scenario nuovo per il M5S. Alessandro Di Battista, dopo la sua esperienza lontano dal panorama politico, ritorna con la pretesa di rimettere ordine all’interno del movimento, chiedendo una completa revisione al suo interno con un Congresso: la scelta di una nuova linea e un nuovo leader.
Ecco quanto dichiara: “Secondo me il M5S in questo momento deve organizzare un Congresso (…) perché il movimento tante cose buone le ha fatte. Siamo nati nel 2013 con Beppe che diceva fuori i ladri, tutti a casa, il cittadino si fa istituzione, e questi risultati li abbiamo portati a casa! Un ricambio generazionale, anche fisico, di parlamentari tra la sedicesima e la diciottesima legislatura c’è stato, quindi un obiettivo enorme il movimento lo ha raggiunto. Oggi abbiamo bisogno di sapere insieme dove andiamo? Che vogliamo fare? Io chiedo formalmente il prima possibile un’assemblea in cui tutte le anime del movimento, a cominciare da iscritti, attivisti, consiglieri comunali e di circoscrizione che stanno sul territorio, dicano la loro per costruire un’agenda politica. La mia visione è legata al rafforzamento dello Stato e alla lotta alle politiche globaliste e neoliberali. Questa è la mia visione e vedremo chi vincerà!”
Quanto detto ha trovato delle pronte e crude risposte in un Beppe Grillo per niente concorde, che si pone nei confronti di Di Battista reputando indirettamente le sue posizioni “fuori tempo”. Secondo quest’ultimo, invece, è urgente che il movimento si faccia carico del disagio sociale in arrivo, prima che lo facciano coloro che lo hanno provocato.
Nel frattempo si è sentito parlare in questi giorni del fatto che l’attuale Premier possa ricoprire un ruolo importante all’interno del M5S, possibilità alla quale Di Maio sarebbe favorevole il quanto lo stesso avrebbe dimostrato di essere capace di una buona amministrazione. Si tratta certamente di una delle posizioni non condivise da Alessandro Di Battista, che ha chiaramente manifestato il suo disappunto su alcune scelte politiche del Governo, e probabilmente proprio queste – insieme all’ipotesi di integrare Giuseppe Conte in una nuova visione del partito – lo hanno portato poi a riflettere sull’indirizzo politico del Movimento. Di Maio intanto resta fermo sull’idea di unità nella quale confida, in quanto ritiene che discutere delle problematiche interne del movimento in questo momento non sia la priorità del Paese, anzi ritiene che Di Battista e Beppe Grillo debbano collaborare, essendo entrambi personalità in grado di dare ancora energie positive al movimento.
Un aspetto interessante della questione di chi può fare cosa, quindi assemblea costituente sì/no, è quello messo in luce da Lorenzo Borrè, l’avvocato che ha avuto modo di interagire da vicino già in passato con la struttura del Movimento, che fa notare come Di Battista, in realtà, avrebbe gli strumenti per costringere i vertici dei 5 Stelle a far scegliere agli iscritti un nuovo leader. Ciò in particolare in quanto “L’assemblea deve essere inoltre convocata quando se ne ravvisa la necessità o quando ne è fatta richiesta motivata da almeno un decimo degli associati. In questo ultimo caso, se gli amministratori non vi provvedono, la convocazione può essere ordinata dal presidente del tribunale” (art. 20 Cost.), ma molto sembra dipendere dall’utilizzo della piattaforma Rousseau.
Si fanno strada intanto discussioni di diverso genere, la Taverna risponde alle proposte di Alessandro Di Battista: “Noi nasciamo eterogenei e abbiamo bisogno di una governance pluralistica piuttosto che di un capo politico. Che il movimento si debba interrogare e che abbia bisogno di mettere al centro dell’agenza nuovi obiettivi, visto che molti li ha realizzati, su questo non ho dubbi. A l’idea di guardarci l’ombelico, piuttosto che occuparci dei problemi del Paese, mi lascia perplessa” (…) “Prima vengono le idee, poi le persone. Partiamo con le idee, quanto ai nomi abbiamo tutto il tempo per farlo”. Non meno importanti le posizioni di Paragone e Fioramonti che si sposerebbero bene con questa esigenza di cambiare e identificarsi in nuove prospettive, per questo non sottovalutabili.
Certo è che ci si dovrà muovere con cautela ora che il Governo di volta in volta sarà chiamato a fare scelte fondamentali, in una situazione in cui è facile sbagliare e scivolare potrebbe costare a tutti un caro prezzo. Ma al tempo stesso non è trascurabile rispondere ai bisogni identitari di un partito che ne ha già superati troppi, e le cui sorti avrebbero un impatto automatico su quelle di questo Paese. Probabilmente si tratta di cogliere i segnali per tenere sotto controllo le diverse esigenze e muoversi nei tempi giusti. Saranno i prossimi giorni a farci comprendere con più precisione come si evolveranno i fatti.