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Aglianico, in vino veritas

L’ aglianico ha un rapporto speculare con l’area centro-meridionale italiana, che influenza la variatio onomastica quanto la selectio diversificate del suo vitigno, al punto da esser denominato il “Barolo del sud”.

Le aree in cui predomina l’aglianico sono certamente quelle della regione Campania, su cui spiccano la provincia beneventana e quella irpina, seguita dalla regione Basilicata.

Ad oggi, l’aglianico è sbarcato anche nel “Nuovo Mondo”, trovando spazio nella viticoltura a stelle e strisce, favorito dalla calura della California.

La denominazione lascia intravedere tracce della provenienza del vitigno, il quale divenuto parte del sistema agricolo mediterraneo romano, ha in verità sostràto ellenico.

La provenienza, quindi, sarebbe da ipotizzare greca, da Eleanico -da Elea- oppure Ellenico, avente stretta relazione con l’avvento della Magna Grecia nei secoli VII e VI a.C.

L’attuale denominazione però avrebbe evoluzione fonomorfologica derivante dalla palatalizzazone di anicus, come attestato nelle Odes del poeta di Venosa Flacco Orazio.

Scavi archeologici attestano invece la presenza dell’aglianico in altre aree, come Potenza.

Gli archeologi hanno rinvenuto la presenza di un torchio d’età romana, entro cui è stata rinvenuta la presenza della bacca aglianica.

Tali accezioni sarebbero correlate alla modalità di coltivazione dell’aglianico, favorito dalla fertilità dei terreni argillosi e vulcanici su strutture pianeggianti.

Se il ruolo romano portò il rosso rubinaceo, corposo, fruttato e dal lustro di riposo dell’aglianico ad espandersi, l’età angionio-aragonese favorirà la definitiva consacrazione delle sue caratteristiche che testé conserva.

Due sono di certo le zone campane che ne fanno, delle varianti di aglianico, mere primizie e surplus della famiglia viticola; il Taburno di provenienza beneventana, dal colore rosato, capace di accompagnare antipasti di terra e carni bianche.

Altra variante del vitigno aglianico è la Taurasi, riserva irpina più pregiata, dal colore scarlatto intenso che acquista armonia grazie al lungo invecchiamento, ottimale per antipasti di terra ma ancor più per carni rosse.

Domenico Papaccio
Domenico Papaccio
Laureato in lettere moderne presso l'Università degli studi di Napoli Federico II, parlante spagnolo e cultore di storia e arte. "Il giornalismo è il nostro oggi."