È venuto a mancare a Rexburg, Idaho, all’età di 96 anni, il fisico statunitense Leon Max Lederman, premio Nobel per la Fisica nel 1988: lo ha comunicato il Fermi National Accelerator Laboratory (Fermilab) di Batavia, vicino Chicago, sotto la direzione di Lederman dal 1978 al 1989.
Laureatosi alla Columbia University di New York, dove era nato nel 1922 da una famiglia russa di origini ebraiche, ottenne il Phd in Fisica nel 1951. Sempre nello stesso ateneo, dal ’54 al ’58, ricoprì il ruolo di professore associato e nel ’58 quello di ordinario di fisica.
Già professore emerito dell’Illinois Institute of Technology, dal 1989 al 1992 insegnò all’Università di Chicago. Nel ’91 fu nominato presidente dell’American Association for the Advancement of Science. Fece parte di istituzioni di grande prestigio, come l’American Physical Society e la Società italiana di fisica.
Grazie ai risultati raggiunti nei suoi studi sui neutrini, nel ’61 furono scoperti i muoni, di cui Lederman dimostrò l’esistenza, insieme ai fisici statunitensi Melvin Schwartz e Jack Steinberger: tramite un esperimento epocale, i tre scienziati realizzarono un fascio di neutrini ottenuti dal decadimento di mesoni prodotti dal protosincrotrone di Brookhaven.
Concentrando un fascio di protoni contro un bersaglio di berillio, si produsse una notevole quantità di particelle. Si vide che facendo passare tali particelle attraverso una parete di lastroni di acciaio dello spessore di 14 m, si riuscì ad intercettarle tutte, a eccezione dei neutrini, identificati come tali con appositi rivelatori.
In 8 mesi di indagini furono fatti ben 51 esperimenti di questo genere, ma è stato calcolato che in realtà il numero di neutrini prodotti dovrebbe essere pari ad almeno 100.000 miliardi. Ciò dimostra l’elevata difficoltà di rilevazione dei neutrini, soprattutto per via della loro grande capacità di penetrazione nella materia. Tuttavia fu possibile identificare con chiarezza due tipi di neutrini, uno associato all’elettrone di cui già si conosceva l’esistenza, e l’altro associato al muone. L’importanza di questa scoperta sta nell’aver reso possibile la comprensione di come forza elettromagnetica e nucleare debole (responsabile del decadimento radiattivo beta) rappresentino la manifestazione di un unico tipo d’interazione, quella elettrodebole.
Proprio questo incredibile risultato valse a Lederman il premio Nobel per la Fisica nel 1988. Nel 1977 ha scoperto la particella Υ, aprendo la via alla fisica del quark b. Ricevette poi, nel ’92, il premio Enrico Fermi dal Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti d’America.
Celebre il neologismo da lui adoperato per indicare il bosone di Hoggs, “La particella di Dio”, adoperato anche per il titolo del suo libro del ’93, “La particella di Dio. Se l’Universo è la domanda, qual è la risposta?” (tradotto in italiano da Mondadori nel 1995).
In collaborazione con David Schramm, Lederman scrisse, inoltre, “Dai quark al cosmo” (Zanichelli, 1991). Insieme a Christopher Hill, pubblicò poi “Fisica quantistica per poeti»” (2013) e “Oltre la particella di Dio. La fisica del XXI secolo”.