Giuseppe Impastato, passato alla storia come Peppino, fu assassinato la notte tra l’ 8 e il 9 maggio di quarantun anni fa.
Impastato dedicò tutta la sua vita alla sua professione di giornalista e si prodigò in una superba campagna contro la mafia, durante gli anni della sua giovinezza. Una giovinezza stroncata da un uomo di Cosa Nostra.
Nato a Cinisi, in provincia di Palermo, da una famiglia legata alla mafia siciliana, tentò, in qualunque modo, di disfarsi delle sue radici e distruggerle.
Diresse numerosissimi programmi culturali, via radio e non, in cui derideva i mafiosi locali e denunciava apertamente le attività illecite del boss di Cinisi, Gaetano Badalamenti.
E’ nel 1978 che Peppino decide di attivarsi politicamente, candidandosi nella lista di Democrazia Proletaria, alle elezioni provinciali; elezioni di cui non conoscerà mai l’esito poiché sarà assassinato molto prima dei risultati del sondaggio.
Nella funesta notte in cui avvenne il delitto, i media sembrarono ignorare la notizia, passata in secondo piano, in seguito all’uccisione di un altro importante esponente antimafia, Aldo Moro.
Quando la notizia venne diffusa, la sua morte venne fatta passare per suicidio, ma sin da subito, la popolazione italiana nutrì dei dubbi in merito alla questione, dal momento che il modus operandi sembrava inapplicabile a un suicidio e ricordava il classico assassinio di matrice mafiosa.
Soltanto nel 2002, data successiva alle diverse inchieste giudiziarie aperte dal Tribunale di Palermo, si giunge alla condanna all’ergastolo di Badalamenti, riconosciuto come effettivo mandante dell’omicidio.
Nel 2000, il regista Marco Tullia Giordana realizza un film, intitolato “I cento passi”, sulla vita del giornalista, che riceve diversi riconoscimenti, tra cui il Globo d’Oro.