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I Fari di Napoli

I Fari di Napoli. Nei secoli con l’incremento degli scambi commerciali via mare la navigazione nel Mediterraneo, inizialmente  diurna e costiera, si fece anche notturna. Molte tuttavia le insidie sotto costa, oltre al rischio di perdere l’orientamento, specie in condizioni meteorologiche avverse con le quali era impossibile orientarsi con  le stelle. Le popolazioni costiere iniziarono allora ad accendere falò nei punti strategici della navigazione (promontori, isole e isolotti, all’ingresso dei porti).

Breve storia dei fari

Il faro vero e proprio, come costruzione architettonica, compare tuttavia solo a partire dal 300 a.C. Due i più famosi fari dell’antichità, entrambi enormi e monumentali: il Colosso di Rodi ed il faro di Alessandria, considerati tra le  sette meraviglie del mondo antico. Il primo crollò per un terremoto dopo 80 anni dalla costruzione, mentre quello di Alessandria nel 1302 per lo stesso motivo.

Il termine “faro” deriva appunto  dal nome dell’isola (Faros) posta all’imboccatura del porto di Alessandria d’Egitto dove era stato costruito.

 

 

Per primi i Romani concepirono i fari come costruzioni in pietra. Ma solo dal primo Ottocento  assunsero caratteristiche simili a quelle attuali, essendo in precedenza strutture barocche, pompose ma poco funzionali.

Per quanto riguarda i combustibili, nel corso dei secoli si è passati  dalla legna, al carbone, alle candele, all’olio di balena e di oliva. Fino a giungere a metà del 1800, ai derivati dal petrolio ed infine all’elettricità.  Augustine Fresnel (1788-1827) fu l’inventore  di una lente rivoluzionaria,  ancora oggi  usata in tutti i fari del mondo, con una portata della luce fino ad allora inimmaginabile.

Con l’avvento della rete di telecomunicazione satellitare (GPS)  e con l’utilizzo dei sistemi di navigazione elettronici è stato ridotto il sistema dei fari operativi. Quelli rimasti sono completamente automatici  e la figura romantica del  guardiano del faro è ormai archiviata.

Molti fari sono attualmente in disuso ma data la loro location con panorami mozzafiato sono stati convertiti in hotel,  particolarmente apprezzati da chi sceglie una vacanza diversa e un po’ selvaggia.

I fari in Campania

Dal 1911 la Marina Militare ha avuto  in gestione i 147 fari disseminati sugli 8000 km di coste italiane. Di questi 17 sono in Campania. Tra essi i più suggestivi sono quello di Capo Palinuro, di Capo d’Orso a Maiori (1882) di Punta Carena a Capri ( secondo in Italia per dimensione e portata luminosa dopo la Lanterna di Genova )

Da menzionare anche il faro di Capo Miseno. I bombardamenti tedeschi del 1943 lo hanno distrutto completamente ma nel dopoguerra è stato ricostruito alla sommità di  una panoramica scalinata . Anche la città partenopea ha avuto nei secoli i suoi fari. I Fari di Napoli .Vediamo quali.

La Lanterna del Molo

Nel 1487 Re Ferrante d’Aragona decise di costruire un faro nel porto di Napoli, antistante il Maschio Angioino. Fu chiamato comunemente la  “Lanterna del Molo”.

Seriamente danneggiata nel 1495  negli scontri tra aragonesi e francesi, fu ricostruita due anni dopo insieme ad un basamento-fortilizio. Dalle foto del primo Novecento notiamo un basamento ottagonale sul quale poggia la torre cilindrica, divisa in tre parti di decrescente diametro e sormontata da una cupoletta. Presenti anche due ballatoi circolari.

La costruzione della nuova Stazione Marittima (1932-1936) durante il Ventennio  cambiò completamente volto all’antico molo borbonico. Fu dunque abbattuta  anche l’antica Lanterna, uno dei simboli della città , ripetutamente ritratta nell’Ottocento da italiani e stranieri.

Il Faro del Molo San Vincenzo

Nel 1916 fu innalzato un faro all’estremità del lunghissimo Molo San Vincenzo. Un faro che s’impone con la sua altezza di 24 metri sulla diga foranea borbonica. Detiene un record : è stato infatti il primo in Italia (2016) dotato una sorgente luminosa a LED con una portata nominale di 22 miglia.

Dal punto di vista architettonico la torre cilindrica è interamente ricoperta da mattonelle di maiolica rossa. Ciò favorisce la manutenzione in quanto la salsedine non riesce a danneggiarlo.

Il Faro di Santa Lucia

Un altro faro si trovava nei pressi del porticciolo di Santa Lucia. Dai dipinti dell’Ottocento si evince che, oltre alle notevoli dimensioni, doveva poggiare su un basamento all’interno di un fortilizio costruito su un isolotto antistante

Durante i lavori del Risanamento la zona fu interessata da una notevole colmata a mare che consentì la creazione tra l’altro della parte di lungomare attualmente chiamata via Nazario Sauro.

Si ritiene  che una parte superstite del faro sia tutt’ora visibile da via Santa Lucia incastrato nel disordine edilizio circostante fatto di edifici vecchi e nuovi che fanno parte del Pallonetto di Santa Lucia. L’ipotesi è plausibile alla luce della forma cilindrica-troncoconica del manufatto. L’unica cosa che non quadra riguarda la collocazione , proprio ai piedi della soprastante Collina di Pizzofalcone.

Nei dipinti invece appare più distante dalla costa, ma evidentemente lo stravolgimento edilizio non consente l’immediata riconoscibilità della collocazione. A meno che non sia stato abbattuto e parzialmente ricostruito come testimonianza del passato. Ma di quest’ipotesi non ci sono documenti che possano avvalorarla

Il Faro di Posillipo

La Chiesa di Santa Maria del Faro a Posillipo, affacciata sull’insenatura di Marechiaro, deve il suo nome al fatto che sarebbe stata edificata  sulle rovine di un antico faro. Non abbiamo alcuna immagine di come fosse.

Lo storico Francesco Alvino scrive: “ La chiesetta di Marechiaro. Si presenta elevata sul villaggio, piccola e pulita e col suo alto campanile, che si scorge da tutti i dintorni. Era anticamente una cappelletta e tutta poggiava sulle pedamenta dell’antico faro da cui la Vergine prese nome; nell’esterno restano scoverti avanzi d’antiche mura di fabbrica laterizia e graticolata”

E aggiunge  “Che in questo sito fosse sorto un faro antico è riportato e confermato da Isidoro di Spagna, da vari altri scrittori e dal Giordano; la sua luce dirigeva le navi, che approdavano in questo luogo allora porto; indi demolito sorse su di esso la chiesetta, che s’intitolò S. Maria del Faro“.

Volando con la fantasia potremmo immaginare che attraverso degli scavi archeologici si potrebbero ritrovare sotto la chiesa le fondamenta del faro. Ma si potrebbe anche  fare un buco nell’acqua, anzi un buco inutile nel pavimento della Chiesa. E allora, accontentiamoci di immaginarlo soltanto. Molto più suggestivo e molto meno invasivo.

Dario Nicolella
Dario Nicolella
Medico oncologo e dermatologo, con la passione per la scrittura, l'arte e la poesia. Autore di saggi su tematiche toponomastiche, storiche, mitologiche (sirene, luna) ed artistiche (cupole e chiostri napoletani) riguardanti in particolare località campane, nonchè di numerose sillogi poetiche. Vincitore di premi letterari.