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Il mio amico robot, quando l’animazione ci parla di solitudine

Candidato come miglior film d’animazione agli Oscar 2024, Il mio amico robot è riuscito con la sua semplicità a commuovere grandi e piccoli. Questo film il cui titolo originario è Robot Dreams (molto più efficace, nonché attinente alla storia) è stato girato da Pablo Berger, regista e sceneggiatore spagnolo già apprezzato per altri film come Torremolinos 73, Blancanieves (un film muto in bianco e nero per il quale ha ottenuto ben dieci premi Goya, tra cui quello per il miglior film) e Abracadabra. Robot Dreams si basa inoltre sull’omonima graphic novel di Sara Varon. Nonostante non sia riuscito a vincere l’Oscar (anno difficile dal momento che tra i candidati c’era l’ultimo film di Hayao Miyazaki, Il ragazzo e l’airone), Il mio amico robot si è aggiudicato l’European Film Awards come miglior film d’animazione e l’Annie Awards come miglior film d’animazione indipendente.

Insomma, si tratta di un film che è stato molto apprezzato dalla critica, ma esattamente che storia racconta? La vicenda è ambientata nella vivace New York degli anni ’80, in particolare a settembre. Protagonista della storia è Dog, un cane antropomorfo che vive un’esistenza solitaria, fatta di triti e ritriti programmi televisivi e cibi preconfezionati. È chiaro fin da subito che il protagonista vorrebbe qualcuno al suo fianco con cui condividere le giornate e in una serata come tante altre decide di acquistare un robot per corrispondenza. Tra i due nasce un’intesa speciale e da subito diventano molto amici: iniziano così le loro passeggiate in lungo e in largo per Manhattan durante le quali Robot scopre il mondo con l’ingenuità di un bambino. Un giorno i due decidono di passare una giornata in spiaggia a Coney Island, ma quando giunge il tramonto Robot si blocca e non riesce più a muoversi: Dog cerca di aiutare l’amico in tutti i modi, ma è troppo pesante per essere trasportato e inoltre lo stabilimento viene chiuso a causa della fine della stagione estiva. Robot e Dog si ritrovano dunque separati per molti mesi, sognando il momento in cui potranno stare di nuovo insieme.

L’animazione proposta da Berger è un’animazione dichiaratamente vintage e nostalgica in cui la potenza dell’immagini è rafforzata dall’assenza dei dialoghi. Un ruolo decisivo per la riuscita del film ce l’ha invece la colonna sonora che riesce a guidare lo spettatore non solo nella narrazione, ma attraverso i diversi stati d’animo dei personaggi. Leitmotiv del film è September degli Earth, Wind & Fire che arriva a simboleggiare il rapporto tra Dog e Robot, soprattutto nell’intesa del ballo. Il regista in un’intervista ha anche parlato delle scelte relative allo stile dell’animazione, di cui si sono occupato gli Iruñea studios: “Lo stile sia della graphic novel sia del film deriva dalla tecnica ligne claire, nata nella scuola franco-belga e ancora oggi con Hergé, l’autore di Tintin, come massimo esponente. È caratterizzato da un uso di linee continue e pulite, colori piatti e ombre limitate (…) Gran parte del mio amore per il cinema, del resto, deriva dai fumetti. Robot Dreams è stato pensato come un fumetto trasformato in disegni animati e per raggiungere questo obiettivo abbiamo utilizzato le caratteristiche tipiche di entrambe le forme espressive e la tecnica deep focus, cioè, curare tutti gli elementi in ogni scatto

Il mio amico robot è un film che prima di tutto vuole riflettere sui rapporti interpersonali e sul senso di solitudine che accompagna la quotidianità: ci sono rapporti che danneggiano e che alimentano l’infelicità, ci sono rapporti unici che purtroppo terminano e altri invece che riescono a farci superare dei brutti momenti; poco importa la natura della relazione, che sia relativa all’amicizia o alla sfera romantica (quest’ambiguità è evidente anche nel film che lascia immaginare che tra Robot e Dog ci sia del tenero). È quindi una lezione agrodolce quella che questo film vuole darci: per quanto siano determinanti nelle nostre vite, non tutti i rapporti durano per sempre, ma la solitudine non dura per sempre perché dietro l’angolo c’è un nuovo rapporto, una nuova relazione che ci arricchisca in un modo totalmente nuovo.