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Giancarlo Siani: sono passati 38 anni dalla morte del giornalista

Sono passati ormai 38 anni dalla morte di uno dei martiri del giornalismo: Giancarlo Siani, ucciso dal boss Angelo Nuvoletta per volontà del mafioso Totò Riina, capo di Cosa nostra, a cui il clan di Marano era affiliato. Siani viene ucciso a soli 26 anni, una vita fin troppo breve la sua, ma piena di atti di coraggio che viene raccontata in due lungometraggi: E io ti seguo, film italiano del 2003 diretto da Maurizio Fiume e Fortapàsc, film del 2009, diretto da Marco Risi. Il motivo dell’assassinio fu un articolo risalente al 10 giugno 1985 che dava informazioni importanti riguardo l’arresto del boss oplontino Valentino Giunta: Siani scrisse che l’arresto era stato possibile a causa di una soffiata degli storici alleati Nuvoletta che tradirono Gionta in cambio di una tregua con i nemici casalesi.

Siani viveva al Vomero, aveva frequentato le superiori presso il liceo classico Gianbattista Vico (conseguendola maturità nel ’78 con il massimo dei voti) e in quegli anni aveva partecipato ai movimenti studenteschi del 1977. Quando si iscrisse a Sociologia all’Università di Napoli Federico II, iniziò anche a collaborare con alcuni periodici napoletani mostrando interesse per le problematiche legate all’emarginazione. Erano proprio le fasce più disagiate a fornire la manovalanza alla criminalità organizzata. In quel periodo insieme ad altri giovani giornalisti tra cui Gildo De Stefano e Antonio Franchini, fondò il Movimento Democratico per il Diritto all’Informazione (M.D.D.I.), di cui fu portavoce nei diversi convegni nazionali sulla libertà di stampa. Collaborò inoltre con il mensile Il lavoro nel Sud, testata della Cisl e fu corrispondente da Torre Annunziata per il quotidiano Il Mattino di Napoli.

Da Torre Annunziata si occupò principalmente di cronaca nera e quindi di camorra, impegnandosi ad analizzare i rapporti e le gerarchie delle famiglie camorristiche che controllavano il comune e i suoi dintorni. Sempre in questo periodo iniziò anche un’altra collaborazione con l’Osservatorio sulla Camorra, periodico diretto da Amato Lamberti. Scrivendo per Il Mattino, Giancarlo Siani ebbe modo di approfondire gli intrecci tra politica e criminalità organizzata, scoprendo in particolare le connivenze che si erano create dopo il terremoto in Irpinia tra esponenti politici oplontini e il boss locale, Valentino Gionta che era passato dall’essere un pescivendolo ambulante al costruire un business illegale. Gionta era partito dal contrabbando di sigarette per poi occuparsi del traffico di stupefacenti, arrivando a controllare l’intero mercato della droga tra Oplotis e Stabia.

Le inchieste di Siani scavarono sempre più a fondo e il 10 giugno 1985 uscì l’articolo-accusa al clan Nuvoletta che portò la camorra a volersi sbarazzare di questo scomodo giornalista. La pubblicazione dell’articolo, infatti, suscitò l’ira dei fratelli Nuvoletta che, agli occhi degli altri boss partenopei e di Cosa Nostra, facevano la figura degli “infami” ossia di coloro che tradivano il codice degli uomini d’onore della mafia, intrattenendo rapporti con la polizia. Da quel momento Lorenzo e Angelo Nuvoletta tennero numerosi summit per decidere in che modo eliminare Siani: fu deciso che avrebbero assassinato Siani lontano da Torre Annunziata per depistare le indagini. Nel frattempo, Siani stava lavorando ad un libro sui rapporti tra politica e camorra per gli appalti della ricostruzione post-terremoto.

Il 23 settembre 1985 viene distrutto il sogno di un 26enne di diventare giornalista professionista:  Giancarlo Siani viene ucciso sotto casa sua alle 20:30 nel quartiere Arenella, mentre era ancora a bordo della sua Citroën Méhari verde. Furono sparati 10 colpi alla testa con due pistole Beretta calibro 7,65. Il titolo di giornalista professionista gli verrà riconosciuto ad honorem in occasione del 35° anniversario dalla sua uccisione.