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Napoli, un tesoro di inestimabile valore: il drago della chiesa di San Giorgio

Napoli, una città plurale, dove arte e mito si intrecciano dando vita ad un connubio affascinante, desueto ed intrigante. Stavolta l’antica Partenope è protagonista di un rinvenimento molto importante, ubicato proprio nella sua parte più antica, il centro storico. A metà di via Duomo, dove la strada incontra il quartiere Forcella, vi è  un bene artistico a lungo dimenticato, nella chiesa di San Giorgio.

In Piazza San Domenico ai Mannesi, nella chiesa di San Giorgio Maggiore, è visibile un affresco nel quale figura una creatura antica, presente nel folclore di moltissimi popoli, un drago. La struttura è stata coinvolta da una serie di lavori di restauro negli anni ’90 del secolo scorso durante i quali l’opera d’arte è stata ritrovata.

La Chiesa di San Giorgio ospita un’ampia varietà di opere tra le quali annoveriamo due sculture di Angelo Viva, allievo del Sanmartino, autore del “Cristo Velato”.

L’affresco del drago nella chiesa di San Giorgio, un tesoro tornato alla luce

Nel coro della chiesa troviamo il suggestivo affresco di Alessio D’Elia, dal titolo “San Giorgio uccide il drago”. Inoltre gli addetti ai lavori trovarono un dipinto simile risalente alla prima metà del Seicento, prodotto da Aniello Falcone, che per secoli lo ha coperto.

Pare che l’opera sia stata nascosta come forma di rivalsa nei confronti del suo autore. Aniello Falcone fu il fondatore della ‘Compagnia della morte’, un gruppo nato per vendicare l’omicidio di un compagno del pittore, commesso da uno spagnolo. La compagnia, quindi, si proponeva di eliminare tutti gli spagnoli presenti a Napoli.

Tuttavia la città era sotto il dominio della corona di Spagna e in quella compagnia vi era anche Tommaso Aniello d’Amalfi, passato alla storia come Masaniello.

Sedata la rivoluzione, gli spagnoli, intenti a cancellare l’opera di Falcone ingaggiarono D’Elia. Quest’ultimo però, affascinato dal dipinto, decise di salvarlo coprendolo con la sua opera.

Una storia della quale non abbiamo prove certe ma che contribuisce ad incrementare il fascino di un affresco giunto a noi da un’epoca lontana.