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Mussolini mette il bavaglio alla libertà di stampa

L’8 luglio 1924, il governo Mussolini annunciò un nuovo provvedimento che limitò di molto la libertà di stampa. Si trattava di un provvedimento da approvare con esecuzione immediata dal Consiglio dei ministri e riprendeva un precedente provvedimento legislativo predisposto nel luglio del 1923 mai reso esecutivo. Con questo decreto veniva concessa ai prefetti la facoltà di agire da un punto di vista censorio sulla stampa: questa tipologia di intervento prevedeva una serie molto ampia di casi, fino alla sospensione delle pubblicazioni o addirittura alla chiusura del giornale.

Per tutta la sua durata, il regime portò avanti una forte repressione della libertà di stampa, di radiodiffusione, di assemblea, limitando persino la formazione dei partiti. La libertà di espressione era insomma sotto scacco. Il regime aveva un duplice obiettivo per quanto riguardava i mezzi di informazione: da una parte zittire l’opposizione e dall’altra fare propaganda degli ideali fascisti.

Il primo a essere sequestrato fu un giornale di Trieste, Il Lavoratore, nel giugno del 1923. Da lì il governo si mobilitò per concedere a tutti i prefetti gli strumenti per contrastare le voci non in linea con il regime. Sulla stessa linea, a gennaio, Mussolini aveva assegnato nuove funzioni all’Ufficio stampa del Capo del governo, così da organo che emetteva comunicati stampa, i suoi compiti divennero tre: fornire ai giornali nazionali le versioni ufficiali degli eventi in corso; passare in rassegna giornali italiani ed esteri allo scopo di raccogliere informazioni e giudizi; infine gestire la propaganda del governo.

Il 12 luglio 1923 venne approvato dal governo uno schema di decreto il quale prescriveva che la figura del gerente di un giornale dovesse coincidere con il direttore del giornale stesso, affidando ai prefetti la facoltà di negare il riconoscimento della qualità di gerente a chi avesse commesso già due reati a mezzo stampa. I prefetti potevano inoltre intervenire nel caso fossero state pubblicate notizie che danneggiavano “il credito nazionale all’interno o all’estero”. Dopo due diffide da parte del prefetto, il giornale chiudeva i battenti.

Questo provvedimento rimase tuttavia congelato fino all’8 luglio 1924 quando fu emanato nella Gazzetta Ufficiale del Regno, sotto forma di decreto legge. Rispetto all’anno precedente, furono aggiunti però due nuovi articoli, uno dei quali reintroduceva il sequestro preventivo dei giornali.

Durante il regime di Mussolini, molti furono i direttori licenziati e la Federazione Nazionale della Stampa Italiana (la Fnsi) fu sciolta per far nascere un Sindacato fascista dei giornalisti.