Il 30 aprile 1945 a Merano (Bolzano), durante un corteo vengono trucidati dai nazisti nove civili. Questa è una delle 400 stragi di vittime civili avvenute in Italia dal 1943 al 1945. . Per ricordare la strage sulla parete del Teatro Puccini di Merano è stata posta una lapide con i nomi delle vittime innocenti, tra cui c’erano anche dei partigiani “colpevoli” di festeggiare la Liberazione avvenuta solo cinque giorni prima, il 25 aprile. I loro nomi: BERINI Gino; BERTINI Giulio; CASTAGNA Paolino Pietro; COMINA Orlando, D’AMICO Andrea Carlo; FERRARI Dino; NERI, Otello; VIVORI Benone; ZANINI Luigi.
I civili furono colpiti da colpi partiti dalle finestre dei palazzi che davano sulla strada. Regnava la più totale confusione in città per via che ancora non era chiaro chi dovesse prendere il comando: i tedeschi si stavano ritirando ma la loro presenza era vista come un pericolo.
Merano era un città dove trovano rifugio spie da tutta Europa, diplomatici, e ufficiali delle SS, gerarchi nazisti, protetti e fatti fuggire poi in clandestinità con passaporti falsi verso il Sudamerica. la città aveva ospitato anche a Castel Labers la sede dove venivano smistate le sterline false che i nazisti avevano stampato nelle tipografie dei lager in Germania, a opera di tipografi ebrei. A Merano si trovava anche Benito Mussolini che aveva scelto di transitare da qui prima di fuggire in Germania, ma l’intento fallì quando fu arrestato e ucciso a Dongo il 26 aprile.
Verso la fine del conflitto, le forze di stanza in Tirolo assommavano a circa 70 mila uomini cui si aggiungevano altre migliaia dei presidi e delle forze di polizia tedeschi. Per evitare un possibile massacro di italiani, da parte dei tedeschi, il neo responsabile della CLN di Bolzano, Bruno De Angelis, iniziò le trattative con le massime autorità tedesche per ottenere il controllo della città.
Per questo motivo, nella mattinata del 30 aprile, il CLN di Merano ordinò l’occupazione del Municipio cittadino da parte di un gruppo di armati, composto di patrioti e vigili urbani, che furono però subito arrestati e dispersi. Nel frattempo, infatti, si era andata diffondendo la voce che la «guerra era finita» e molti abitanti di lingua italiana erano scesi in strada a festeggiare la conclusione del conflitto: un mini-corteo di 30 persone, poi ingrossatosi a qualche centinaio, si radunò in piazza del Grano, ma la folla era completamente disarmata. A un certo punto, il corteo si divise: una parte, giunta in corso Principe di Piemonte, fu fatta segno a colpi d’arma da fuoco da parte di tre soldati tedeschi, il primo a cadere fu un bambino di 7 anni, Paolo Castagna; pochi istanti e anche Otello Neri, che aveva cercato di prestare soccorso al ragazzino, fu ucciso. Nel frattempo, all’incirca a mezzogiorno, la parte restante del corteo si stava dirigendo verso il centro cittadino quando fu bersagliata da colpi d’arma da fuoco sparati da alcune SS, i quali cominciarono a inseguire i manifestanti sparando all’impazzata raffiche di fucileria e mitragliatrice uccidendo.