Avere un buon rapporto con sé stessi aiuta ogni individuo ad affrontare meglio le prove che la vita di tutti i giorni ci pone davanti, dall’esame all’università, alla giornata stressante a lavoro fino ai rapporti con familiari e amici. Tuttavia, non sempre è semplice e molte sono le esperienze che possono minare l’opinione che si ha di sé stessi. Prima di tutto è necessario distinguere l’autostima dal “concetto di sé” il quale è l’insieme di informazioni a cui una persona fa riferimento per parlare di sé: l’autostima è invece la valutazione soggettiva che la persona dà a quelle informazioni.
Il grado di autostima di una persona si può individuare analizzando la distanza tra il Sé percepito (una visione oggettiva di caratteristiche che sono presenti o assenti) e il Sé ideale (ciò che si vorrebbe essere). Avere una bassa autostima significa dunque essere ipercritici nei propri confronti, non riconoscendo i traguardi raggiunti. Questo modo di percepire sé stessi non fa altro che influenzare la propria percezione del mondo e del futuro, alimentando sentimenti di ansia e paura nell’individuo. Avere un’alta autostima non vuol dire escludere ogni possibile cambiamento, ma semplicemente perdonare a sé stessi gli errori compiuti.
Le conseguenze della bassa autostima
Avere una bassa autostima può influenzare molti aspetti della vita dell’individuo, dai contesti sociali a quelli lavorativi e scolastici: può causare infatti ansia cronica, stress e abbassamento dell’umore fino a sfociare in un vero e proprio stato depressivo. Una bassa opinione di sé può inoltre portare l’individuo in un circolo vizioso fatto di solitudine e paura del giudizio altrui, nonché rabbia e vergogna. Sono tutte emozioni molto forti che nei casi peggiori possono portare la persona ad isolarsi e a rifugiarsi nel cibo, nell’alcol o nelle droghe. Sono molti i segnali da tenere sott’occhio per capire se si soffre di bassa autostima come la fatica ad aprirsi nei contesti sociali, la difficoltà ad esprimere le proprie emozioni e i propri bisogni, l’essere esageratamente critici nei propri confronti, non tenere conto né dei propri successi (attribuendoli per esempio alla fortuna), né delle proprie qualità e la tendenza ad assecondare gli altri. A nutrire la bassa considerazione che ha di sé stesso è l’individuo stesso che instaura un dialogo interno negativo e autoaccusatorio.
Ricerche nell’ambito della CBT (Cognitive Behavior Therapy) si sono dimostrate più interessate a ciò che incoraggia il mantenimento di questa condizione, piuttosto che alla sua origine, nel tentativo di interrompere il ciclo della bassa autostima. Una psicologa, la dottoressa Melanie Fennell ha delineato un modello cognitivo comportamentale che vedrebbe come fattore principale del ciclo della bassa autostima le convinzioni fondamentali ossia l’opinione che nel profondo abbiamo di noi stessi. A partire da ciò l’individuo sviluppa delle regole vitali che lo proteggono da quelle convinzioni profonde: sono regole che finché vengono rispettate permettono che quelle verità inconsce rimangano dormienti. Tuttavia, queste regole autoimposte sono causa di profonda ansia poiché l’individuo teme che vengano infrante, ansie che portano ogni volta a temere il peggio. Fennell ribadisce dunque che queste regole possono far stare bene l’individuo solo nell’immediato futuro, dato che il loro essere inflessibili impediscono ogni margine di miglioramento e che le convinzioni fondamentali cambino, impedendo così che l’autostima migliori.
Le cause della bassa autostima
È importante figurarsi l’autostima come uno spettro piuttosto che come un qualcosa che può essere alto o basso; infatti, molte persone hanno una bassa autostima sono in determinate circostanze o nell’interagire con alcune persone. Ciò è importante anche per rintracciare le cause di questa condizione che possono essere diverse, dall’essere cresciuti da genitori (o altre figure di riferimento) molto critici o esigenti, all’essere stati ignorati o ridicolizzati durante l’infanzia. Spesso una bassa autostima è legata anche ad episodi precisi come abusi fisici, sessuali o psicologici, l’aver subito mobbing sul posto di lavoro, una rottura sentimentale significativa o un tracollo finanziario. Molto peso sull’opinione che si ha di sé lo hanno quelle situazioni che si protraggono nel tempo come il soffrire di una condizione medica persistente, l’aver risultati insufficienti a scuola o l’essere sottoposti a lunghi periodi di stress.
Come lavorare su sé stessi
Ovviamente l’aiuto di uno psicoterapeuta è importante per compiere un percorso sicuro e professionale, ma ci sono dei suggerimenti utili per chi vuole iniziare a lavorare su sé stesso. È importante instaurare un dialogo costruttivo, parlare a sé stessi come si farebbe con un amico, utilizzando parole positive e un tono comprensivo, essendo consapevoli che errare è umano. Riconoscere i propri successi è un altro grande passo, magari annotando ogni sera tre cose di cui si è stati orgogliosi o che sono piaciute di sé stessi nel corso della giornata. È importante capire che il confronto con l’altro è deleterio: ognuno di noi è unico, ha proprie esigenze e proprie qualità, il confronto è dunque poco utile, lo è molto di più focalizzarsi sui propri obiettivi. Anche la compagnia ha una sua influenza, per questo motivo è importante circondarsi di persone che supportino le nostre decisioni e che credano in noi. Un ruolo importante lo ricopre l’esercizio fisico che rilascia endorfine e migliora di conseguenza l’umore. Infine per combattere la bassa autostima è importante fare riferimento al presente, non a rimpianti del passato o preoccupazioni per il futuro, ma proprio a ciò che si può fare oggi, adottando un’ottica positiva e curiosa.