Francesco Petrarca, nato ad Arezzo il 20 luglio del 1304, è stato uno scrittore, poeta, filosofo e filologo italiano, considerato il precursore dell’umanesimo e uno dei fondamenti della letteratura italiana, soprattutto grazie alla sua opera più celebre, il “Canzoniere”, patrocinata quale modello di eccellenza stilistica da Pietro Bembo nei primi del Cinquecento.
Petrarca morì ad Arquà (Padova) nella notte fra il 18 e il 19 luglio del 1374, colpito da una malattia che lo sottrasse alla vita proprio nella vigilia del suo settantesimo compleanno.
Il 5 aprile 2004, si diffuse la notizia che il teschio conservato nella tomba di Francesco Petrarca ad Arquà non fosse del poeta.
Quando, nel novembre del 2003, il professore Carminelli, dell’Università di Firenze, aprì la tomba per effettuare la ricognizione scientifica del corpo, concluse, grazie alle analisi del Dna sui resti conservati, che le spoglie di Francesco Petrarca non fossero integre.
Sappiamo che l’illustre poeta, per sfuggire all’epidemia di peste che aveva colpito Milano, decise di trasferirsi dapprima a Padova e poi nel borgo di Arquà.
Fu proprio in quel piccolo angolo di mondo che egli passò gli ultimi anni della sua vita fino alla morte, avvenuta nella notte tra il 18 e il 19 luglio del 1374 a causa di una sincope.
Il paleontologo Vito Terribile Wiel Marin, responsabile della ricognizione del 2003, annunciò che l’esame al radiocarbonio di un frammento del cranio ritrovato nella tomba avesse stabilito che si trattasse di un teschio femminile databile tra il 1134 e il 1280.
Quel cranio quindi non poteva appartenere al poeta morto circa cento anni dopo.
Che il cranio non appartenesse al poeta morto nel 1374 era cosa nota da qualche tempo.
La conferma era venuta nell’aprile scorso dai risultati delle prove del Dna eseguite sui campioni delle spoglie riesumate ad Arquà Petrarca il 18 novembre 2003, in occasione del settimo centenario della nascita dell’autore del “Canzoniere”.
«Il busto è sicuramente maschile – raccontava il professor Terribile – e vi abbiamo trovato i segni nelle costole del famoso calcio di cavallo di cui Petrarca fu vittima; in più si tratta di una persona alta affetta, come il poeta, da una grave forma di obesità, per quanto mascherata dagli abiti sontuosi dell’epoca».
A ipotizzare che il cranio non fosse quello, marcato e dall’ossatura forte, del poeta, così come raffigurato nell’affresco della sua casa padovana, dietro al Duomo, era stata per prima l’antropologa Maria Antonia Capitanio: l’arcata sopraccigliare poco pronunciata e le ipofisi mastoideee avevano subito fatto pensare che la testa potesse appartenere ad una donna.
Che fine ha fatto il cranio?
Un’ipotesi vorrebbe che quando nel 1873 il professor Canestrini eseguì alcune indagini sul corpo del poeta, il cranio gli si sbriciolò letteralmente tra le mani.
A quel punto avvenne la sostituzione. Secondo altre ipotesi, invece, il cranio fu trafugato da qualche gerarca durante la seconda guerra mondiale quando il corpo del Petrarca era stato portato a Venezia, nei sotterranei del palazzo Ducale.
Quel che è certo è che la “moda” di profanare le tombe, di santi o di personaggi illustri, per il traffico delle reliquie, nel corso del tempo, ha sempre attirato moltissimi seguaci.