La medicina dell’antica Roma era una branca del sapere molto sviluppata, infatti la figura professionale, quella del medico possedeva tecniche curative basate su erbe ed interventi chirurgici per certi versi all’avanguardia. A quell’epoca era fondamentale bloccare il diffondersi delle infezioni, anche se i romani dell’epoca in ogni acquedotto costruivano delle vasche di decantazione che permettevano di far riposare l’acqua, per depurarla prima di proseguire nel percorso verso i centri abitati.
Ma nonostante queste tecnologie all’avanguardia, la qualità dell’acqua che arrivava alle case era abbastanza torbida e moderatamente contaminata, discorso simile per il cibo, perché non trattato come oggi, attraverso la famosa “catena del freddo”, ma il cibo veniva conservato sotto sale o sotto olio, ma senza certamente quegli standard di igiene a cui siamo abituati e senza una adeguata disinfezione dei contenitori. Ecco perché avevano come principale problema di salute tutte le conseguenze delle infezioni principalmente di peste, il tifo, il vaiolo ma anche raffreddori o influenze molto più pesanti e croniche rispetto a quelle che conosciamo.
Le altre malattie della Roma antica, dipendevano dalla propria condizione sociale. I più poveri avevano un’alimentazione abbastanza inadeguata e quindi erano piuttosto diffuse le carenze alimentari o vitaminiche e visto che facevano i lavori più umili erano i danni ai tendini, alle articolazioni, le fratture e l’artrosi.
I ceti benestanti invece, avevano un’alimentazione molto viziata, con diversi nutrienti non coerenti tra di loro e per questo soffrivano spesso di malattie metaboliche. Quella principale fu certamente la gotta.
Evidente punto di riferimento per tutti i malati, era la figura del medico. Molto diffusi gli autodidatti che si ispiravano alla tradizione egizia e greca che si presentavano come professionisti privati che erogavano i loro servizi ai più ricchi.
I romani curavano la gran parte delle loro malattie attraverso l’utilizzo delle piante, da cui ricavavano i principi attivi che costituivano la base della loro medicina.
Ogni pianta aveva un effetto che nel corso del tempo i medici romani avevano collegato al trattamento di una particolare patologia.
- I fichi secchi: utilizzati per curare la tonsillite
- Il decotto di melograno: contro le congiuntiviti
- Lo sterco d’asino impastato con l’aceto: utilizzato regolarmente per le ferite.
- La farina d’orzo: impiegata per accelerare la guarigione e la cicatrizzazione
- Il cavolo: curava dall’indigestione fino all’insonnia, dai dolori articolari alla stipsi e in generale era considerato un ricostituente per gli anziani.
- I funghi: possono essere comodamente considerati come degli antibiotici o antisettici dell’epoca.
Un altro campo in cui i romani eccellevano, era quello degli interventi chirurgici: il primo fondamentale e più importante era quello di aggiustare e sistemare le ossa, infatti lee slogature, le fratture, anche molto gravi, erano trattate quotidianamente. Erano soliti eseguire estrazioni dei denti, e alcune fonti ci parlano addirittura di piccoli interventi al cranio per curare le commozioni cerebrali.